페이지 이미지
PDF
ePub

SCENA V.

Il CONTE con domestici.

Un Servo. Colei è arrogante ed ostinata! Il vincerla è impossibile cosa!

Conte lo vincerò il suo rigore e vincerò pur anco l'impossibile! Ho risoluto! O ella acconsente ad esser mia, o questa notte io l'uccido. Perciò bramo che il sole s'affretti al suo tramonto.

Servo. La notte cela tutti i misfatti.

Conte. Il Re sen va a Segovia, io rimango padrone di Madrid. Non v'è alcuno che possa inspirarmi timore. Suo fratello è rinchiuso in S. Martino, e forse già morto.

Servo. Il Cielo ha abbattuto alfine il suo orgoglio.

Conte. Mio dev'essere questo sole di bellezza, sulle cui labbra amore com'ape si posa. Servo. Giunge vostro padre.

SCENA VI.

IL MARCHESE e detti:

March. Quest'è in vero da barbaro, ingrato e traditore! Conte. Conte Signore !

March. Che cosa avete saputo intorno a D. Fernando?

Conte. Ch'ei stassi rinchiuso, ma che non s'è reso per anco. March. Il Cielo gli dà forza s'e' può resister cotanto, Olă! Lasciateci soli (i servi si ritirano). Conte! Omai siam rimasti sovrani noi due. Fa d'uopo agir con prudenza; ma agli occhi di Dio, umano pensamento non si cela, nè vè arcano che sfugga alla mente divina.

Conte. Vostra Eccellenza, che in tutte cose sa operar con saviezza e circospezione, decida adesso ciò che dobbiam fare. March. Continuare ad ordir la trama co'Mori finchè ci siamo assicurati del regno.

Conte. L'Eccellenza Vostra, ha ella persuasa la Corte a rendersi a Segovia ?

March. Il Re è affascinato dalla mia eloquenza così, che ogni suo proposto al mio giudizio sommette, ond'io per tal guisa son divenuto l'anima del suo corpo, la sua legge regolatrice. Io sono amato nel regno, talchè si direbbe essere io re alla Corte. Ivi soglio mostrarmi con tutti lusinghiero e

cortese. Il cortigiano che si mostra altero è fatto segno alle ciance del vulgo. Con tali arti mi fu dato di far uscire la Corte da Madrid; poichè rimanendo, le sue mura sguernite e mal difese non potranno arrestare il corso trionfale d'Almuzaf, fulmine di Giove, e vedrem splendere alfine la sua mezzaluna.

SCENA VII.

Il Re e detti.

Il Re. Marchese! É egli tutto disposto alla mia partenza. March. Non manca che un cenno della vostra Altezza. Il Re. Marchese! Lo zelo onde voi sempre vi adòprate per farmi cosa grata mostra ad evidenza la vostra lealtà e l'amore che nudrite pel vostro Re.

March. Null'altro ho in mente che eseguire la volontà vostra. Potete partire all'istante medesimo.

Il Re. Ho cangiato d'avviso. Voi mi terrete compagnia lungo il viaggio.

March. E il Conte?

Il Re. Rimane a Madrid! Conte! Abbattete questo feroce nimico. Condurrete sua sorella prigioniera a Segovia, e così mi rendereté un segnalato servigio.

Conte: Sire! Voi non mi védrete á Segovia senza averlo preso
O spento (s'inginocchia dinnanzi al Re).
Re: Conte! Capitano generale di Madrid! Alzatevi!
March. Voi volete innalzare l'umiltà sua.

Il Re. Cancelliere maggiore! Venite meco!

March. Gran Monarca! (s'inginocchia).

Il Re. Alzatevi! Entrate! (entra ponendo le mani sulle spalle ad ambidue in attò d'abbracciarli).

SCENA VIII.

D. FERNANDO, GARZERANO, DONNA MARIA, BERMONDO..

D. Maria. Fernando mio! Badate che voi v'incaricate della mia esistenza, e dovete consacrarmi la vostra.

Fern. Fidatela a me.

D. Maria. A voi la dono.

Fern. E chi potria recar oltraggio a vita sì bella senza re

carlo a me?

D. Maria. Ora è d'uopo di grande circospezione per uscire dalla città.

Fern. Ma io preferisco esser vostro in un sotterraneo.
D. Maria. Come? Non ve ne andate?

Fern. No, finchè non vegga il pianto dell'aurora. Dovessero risuscitar i tre morti coi tre mantelli che ne ricuoprono. D. Maria. Sono ferraiuoli di mio fratello che vi pongo volentieri, tenue dono al paragon di ciò ch'io guadagno.

Fern. Coricatevi!'

D. Maria. Vo'far come le stelle. Rimarrò desta fino a giorno. Berm. Sapete voi a chi avete a fare?

Fern. A Donna Maria Lucan, che stassi in sua casa.

D. Maria. La porta rimarrà aperta fino all'aurora,

Fern. Se voi fate la scolta, sarà sempre la porta della bella

aurora,

D. Maria. Quantunque dovessi perdere la vita, ella sarebbe bene spesa in pro vostro.

Fern. Ma iò trionferò in vostro nome dell'avverso destino. D. Maria. Don Fernando! Dio vi salvi dai traditori! (parte). Garzer. Amico! Molto tu devi a questa eroica fanciulla! Berm. È un'angelica donna.

Fern. Quando risorgerò come la fenice, vedrai ch' io saprò ricompensare cotanta bontà.

Garzer. Notte funesta!

Fern. La notte è fatale sempre agli sventurati, ma indarno speri di vedermi cangiato.

Garzer. Paventa in pria d'eseguire il tuo barbaro disegno. Fern. Ah! vili puntigli! Sembrate cristiani, ma siete pagani. Berm. Siamo omai a casa nostra.

Garzer. È questa la tua casa?

Fern. Sì. Riman qúi finchè usciamo a vedere se giunga il Conte, dovendo io ingannare le guardie, appellandole in

suo nome.

Garzer. Or dunque, chiama, previeni l'occasione, e vedrai s'io sono tuo amico.

Fern. Dà un calcio a questa porta, ed io risponderò dicendo che vado a trucidare la vita mia (chiamano ed escono due alabardieri).

1o Alabar. Chi siete?

Fern. Stolta inavvertenza!

Berm. E non conoscete il Conte?

2o Alabar. Signore!

Fern. V'ho per iscusati !

Garzer. Dio protegga l'innocenza !

Ferd. Chiudete e datemi la chiave (prende la chiave, ed entra

con Bermondo).

1o Alabar. Questa notte rugge la tempesta.

2o Alabar. Sventurata donna !

1 Alabar. Povero onore!

2o Alabar. Ritiriamoci che l'affare si fa serio (partono).

SCENA IX.

Sala in casa di D. Fernando.

GARZERANO solo.

Chi mai și vide in preda a simile afflizione! Disventurato cavaliere! Si merita venia la tua azione crudele, il confesso. Dio ha, asperso di veleno anche la pietà. Il sovecchio rigore divien talvolta eroismo (parte).

SCENA X.

D. FERNANDO e BERMONDO.

e

Fern. Parmi essere nella reggia del sonno. Tutto è tranquillo, così che il più lieve romore non mi è pur dato d'udire. Nei corridoi e ne'cortili le guardie dormono, e così pure i servi nel loro appartamento. Tutto è sopito in profondo letargo. Tutto è silenzio; ma l'onor mio veglia anche in mezzo a questo, sopore.

Berm, Ciò che più mi ha destato meraviglia, o signore, è stato il veder, dormire quelle due vecchie governanti, che paiono diavoli vestiti di bianco e di nero. Ma eccoci nelle stanze della padrona..

Fern. Comincio a paventare della mia crudeltà. Sovrumani esser sogliono gli sforzi dell'innocenza. Che farà ella? Berm. Ella starà dormendo.

Fern. L'onore fatt'Argo non dee dormire in estremo cotanto. Berm. La porta è aperta.

Fern. Questo io l'ho per mal augurio.

Berm. È un augurio che offende l'onore di vostra sorella. En

trate.

1

Fern. (inciampando nel tappeto). Ho inciampato nel tappeto. L'onore entra tentennando, io sto per cadere, ma cadrò per rialzarlo.

Berm. Nell'alcova c'è lume.

Fern. S'apre la tenda (s'aprono le tende dell'alcova, ed appare

un letto su cui giace D. Anna addormentata; uno sgabello ed un tavolino col necessario per iscrivere). Berm. Bello e gradevole spettacolo.

Fern. Andiamo a rinchiuderla, poichè una sì' rara bellezza non dee rimanere esposta. Il corpo è un vaso di cristallo che rinserra lo spirito. Quelle divine forme denno rinchiudere un'anima pura. Ma che? Io che la discolpo e la difendo, dubito fors'io dell'onor suo? So che Donn' Anna è un sole splendente, ma temo che una nube si stenda ad appannarlo.

Berm. Ella stáva scrivendo.

Fern. Fammi vedere il foglio.

Berm. Potrete leggerlo ginocchioni.

Fern. Ahimè! Bermondo! In piedi veggo ritto il mio destino! (legge). Poichè ria sorte, o fratello, ne ha divisi' come lo << inesorabil cacciatore suol strappar dal dolce nido le tor⚫torelle, sendosi spenta la nostra vita in quella del glo«rioso padre nostro; che l'onor di nostra casa sia oltrag«giato da violenti superbi. Bada che quantunque io il di« fenda son donna. Di più non ti dico!

Berm. Seguite!

Fern. Non posso! Amor m'intenerisce, benchè l'onore m'accenda. Chi mai si vidde travolto in tanto affanno? Chi si trovò in ambage si crudele? Eccomi costretto ad immolare un angelo per ricovrar l'onor mio! No! No!non voglio onore! Trionfi il Conte su di lei. Bermondo vieni meco! D. Anna. (destandosi). Gran Dio! Ch'e ciò? Chi ardisce mancar di rispetto alla mia casa inoltrandosi fino nella mia alcova? Fern. Calmati È gente pacifica.

D. Anna. Cielo!... No!.... Nol credo!... Fratello dell'anima mia! Fernando! O onore, o sostegno di quest' orfana afflitta! Unico conforto che quaggiù mi rimane. Deh lascia ch'io nel tuo seno ripari. Dammi ricovero deh! fra le tue braccia! Dimmi! Stai bene?

Fern. Sto male, per ciò che ho veduto. Sto bene ora poichè qui ti veggo.

D. Anna. Vieni o fratello fra le mie braccia. No! Padre nḥio vo' dire! Si! poichè di germano sei divenuto padre. Io non ho più altro padre che te, sai!... Ma dimmi! e come hai ardito entrar qui? Bada di non cader nelle mani de'nostri carnefici. Bada bene, veh! poichè potresti esser preso. Al Conte s'aggira con cento spettri.

« 이전계속 »