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sarian tutti vostri nemici se non foste mia amica. Eccomi a'piedi vostri (s'inginocchia). O pronunziate il dolce sì, stendendomi la mano, o vibratemi insiem col No il pugnale nel

cuore.

Anna. Pria di rispondervi, o Conte, permettete uno sfogo di lagrime agli occhi miei, lasciate respirar liberamente il mio petto. Valore non v'ha che basti in così crude sventure. Non piango l'amarezza delle mie sventure, ma piango perchè elle son tante ch'io mi vi perdo siccome in mezzo ad un abisso. Io son colei cui s'offrian pur ieri incensi siccome a deità terrena, e facea pompa altera di sua bellezza. E tutto fu vanità. Il pavone superbo nella stolta sua pompa guata i suoi piedi e dubita di sua leggiadria. Riverita mi viddi dallo stesso re Alfonso, del cui petto mio padre era il respiro e l'anima de'suoi consigli e de'suoi negozii. Ei rese potenti uomini finti che divenner poi nimici di sua gloria, e cercando svisare le sue magnanime azioni, spensero la sua luce in un soffio, prostrarono nella polvere l'onor suo, ed ei mori collà taccia di-traditore. Che debbo io divenire in pensando a tanto obbrobrio che non risparmiò nemmen la sua fama? Ed io rimasi come il giglio della foresta in preda ai turbini. Dòlce conforto m'era l'amore di mio fratello; ma quest'estrema lusinga fu corta. Pari alla tortora dalla cima d'olmo eccelso io scioglieva i miei lái, e fatta omai segno alla disventura, null'altro avrei bramato che la solitudine. Mentre mi veggo compianta, odo la voce del rigore. Tutti si fan sordi ai gemiti dell'affannato. Il miglior rimedio in cotanto stremo è la morte. Scelgó un veleno che volendo esser meco pietoso, fu crudele. Immortale mi vorria il dolore; poichè mille inciampi si frappongono alla mia morte. S' io l'appello, non giunge, fugge, se le corro incontro. Eccomi in fine fatta barbaro ludibrio della sorte. Tutti m'abbandonano. Nulla più mi restá, la vita tranne. Ora poichè nella mia desolazione a me vi volgeste pietoso, io vi accetto siccome il mio sostegno. Favorevole il destino già incomincia a mostrarmi il viso, poichè mi fa ricovrare in un si gran signore tutto ciò ch'ho perduto. V'invoco, siccome un padre e mi getto a piedi vostri. Uno sposo si degno supplisca alla sua mancanza: Il mio sì e la mia mano sien pegni del dolce vincolo. Voi siete l'arbitro di quest'anima, e per provarvi ch'io v'adoro, eccomi vostrà schiava. Conte. Alzatevi! Invidio la terra su cui vi prostrate perchè di

viene un cielo. Stretti in commun vincolo, surga e rinasca eterno l'amor nostro siccome la fenice.

Anna. Son vostra!

Conte. Ed io son vostro! Avventurato l'uomo che nel suo amore

persiste. Datemi la vostra bella mano (1).

Anna. E con essa l'anima mia.

Conte. A piedi suoi si prostrino i miei allori.

Anna. Vi dò la mano di sposa. Siate gentiluomo.

Conte. E dubitate voi che venga meno la nobiltà in me nel punto in cui acquisto una divina bellezza?

Anna. Nobiltà in cuor basso suol esser vile talvolta.

Conte. Chiamo il Cielo in testimonio, e tutti che ne circondano della verità di quanto vi dissi. Venga vostro fratello! Piuttosto che rinunziare al vostro cuore vorrei morire per man di vostro fratello...

Anna. Non proseguite. Ei m'ucciderebbe dandovi morte, poichè voi siete l'arbitro di mia vita! E quando celebrerem le nostre nozze ?

Conte. Pria d'ogni altra cosa deesi prevenire un novello infortunio. Re adirato m'ingiunse di tradurti a Segovia. Finch'ei si plachi fa d'uopo deluderlo, facendogli credere che vi ti hanno inviata. Or tu cangerai abito e nome rimanendo pur sempre regina d'un'anima che 'null'altro adora che la tua beltà celeste..

Anna. Ove tu m'imporrai, io me n'andrò! (da sè). (Avversa stella che ad un traditore m'adduce).

Conte. Vieni o mía bella in luogo ove i miei possano celebrar la tua gloria.

Inna. (Non fu vittoria dell'amore questa; ma sibbene della sventura).

Conte. Di ciò son debitore al veleno.

Anna. Per esso anch'io rinnovello con voi la mia giovinezza. Conte. O mia dolce ventura! Beato l'uomo ch'è in amore costante (partono).

SCENA III.

D. FERNANDO è BERMONDO..

Berm. Io credo che vogliano rovesciar la muraglia.
Fern. Ed io vorrei abbatterle colle mie mani per ischiacciarli

(1) Il testo dice: Datemi la vostra bella mano, limpida stella, cometa di cristallo. Credemmo opportuno di saltar a piè pari una metafora che sul teatro italiano coglierebbe il riso anzichè l'effetto scenico.

tutti e divenire così il Sansone della Castiglia. Di buon grado morrei se potessi sepellire meco nelle ruine del tempio quel barbaro infedele per cui cagione si spense questo candido leggiadro giglio, che converso in astro spande or di lassù torrenti di luce.

Berm. Strana idolatria in entrambi!
Fern. Suo fu il rigore!

Berm. E non tenete in pregio il nobil proposito di quest'
Amaltea.

Fern. Ell'è si grande che sorpassa ogni stima, e perciò appunto ell'e fatta divina. Ma va in traccia di Garzerano poichè vo'sapere se ha veduto anch'ei un tale prodigio. Son fuor di me in pensando che per cagion mia questa notte ei siasi trovato in preda a tanti affanni.

Berm. Qui e' non venne.

Fern. Lo smarrii insieme cogli altri, perciò son inquieto non sapendo s'ei şia rimasto salvo, prigione o morto..' Berm. È più probabile ch'e' sia libero.

Fern. Va a rintracciarlo.

Berm. Vado.

SCENA IV.

DON FERNANDO.

Fern. Don Fernando! È tempo di lasciar questa prigione e prendere una risoluzion gloriosa. Esca dall' angusta sua stanza l'eroico tuo cuore e s'accinga a gloriose gesta! Se rinserrato ancor rimanesse ti struggerebbe il petto! Sì, o mio cuore. L'onor mi consiglia a tosto mostrarmi, a divenir fiamma struggitrice, fulmine nella vendetta. Fernando! Tu qui rinchiuso siccom' uom disleale e traditore? e ciò crede il mondo? Ebbene, esca il cuor mio e si mostri al mondo in tutta la sua grandezza, affinchè impari che in mezzo a tanta sventura ha saputo serbare intatto e grande il nome dei Vargas. Si! Inciderò un'altra volta il mio stemma gentilizio sugli scudi dei mori!..

Cuore mio! Ma dove volgerommi, se da una parte m'attraversa il cammino l'invidia, e dall'altra il tradimento ?... Ad Aragona?... No, il Re è cognato del mio Re Alfonso, e non potria a meno d'eseguir la sentenza che Alfonso pronunziò irato contro di me! In Portogallo? Neppure! Mi esporrei colà al medesimo sinistro. Presso ai mori? Vil diserzione! In cielo?... Ma se anche il Cielo è adirato contro

di me? Dimmi adunque dove dobbiam volgerci, o mio cuore!... Don Fernando! Alla vendetta! Dove? E in qual guísa la compirem noi ?... Che monta? In Corte! Contro alla Corte che mi diè l'essere e lo splendore? E poi in qual guisa potrei io lottare contro possa cotanta? Col senno si può sol giungere ad una meta prefissa. Fernando serba or dunque la tua speranza! Cuor mio, sento che tu già mi aizzi alla vendetta!

SCENA V.

DONNA MARIA dalla porta sotterranea con una fiaccola accesa in mano e detto.

Maria. Fernando!

Fern. Perdono, o signora, Il lume che recate è scarso, sendo eclissato dallo splendore di un'aurora sì leggiadra che eclissa pur anco le perle onde abbella il cielo. E s'anco questa face splendesse al paro del sole, nella vostra mano sembrerebbe lume di scarsa facella.

Maria. Eppure io sono sì cieca che ogni luce in me si spegne. Ciò nondimeno benchè sia scarso il lume di questa lampa; pur vengo a rischiararvi, affinchè possiate fuggire dalle persecuzioni onde siete fatto segno. lo vi prometto di oprar quanto potrò, affinchè possa effettuarsi il vostro diparto. Cercate un'uscita, ed io v'offro gioie denari ed un profondo segreto:

Fern. Voi m'avete mostrata la luce co'vostri occhi, ed ora rischiarate il mio intelletto co'vostri consigli. Deponete la lampa nel sotterraneo, e permettete che per un istante vi spieghi tutto il mio affetto.

Maria. Il lume è già nel sotterraneo, ed io stommi intenta ad ascoltarvi (nasconde la fraccola).

Fern. A voi ho già consacrata l'anima mia; ma questo è un arcano che a tutti è rimasto celato. Fui sventurato da pria, or temo d'essere aborrito. Ho veduto mio padre morire colla taccia di traditore; ed era più puro del cristallo, Ho veduto tendere insidie a mia sorella, candida al par del giglio, bella siccome rosa o gelsomino. Or io esigo una discolpa di tante accuse, ed una vendetta di tanti oltraggi; perocchè eterna peserebbe su di me l'infamia se la verità non apparisse in luce. Or dunque io eleggo un mezzo impossibile per farlo; poichè deliberai di recarmi alla corte dove m'attende il supplizio. Affronterò i crudi geli della VOL. VI. Teatro spagnuolo.

4

Guadaramma, i cui giganteschi massi di ghiacchio toccano il firmamento. Sconosciuto e travestito recherommi a Segovia per cogliere l'istante e l'occasione propizia al mio disegno. I saggi ne insegnano che ogni cosa puossi ottenere dal tempo. Ben io so che vommi a morte, so che pende sul mio capo il pugnale ignudo ; ma fra la morte e il ferro stassi la vendetta che mi farà immortale. Questo è ciò ch'io ravvolsi in mente, e ch'or mi propongo di mandare ad effetto. Sorreggi or tu co'tuoi consigli il mio senno che si smarrisce !

Maria. Datemi la vostra mano e fede di sposo, ed io vi prometto che farò riuscir a buon fine il vostro disegno. Fern. Anch'io confido in un lieto successo sendomi prefisso uno scopo si santo. Or io mi consacro a questa vendetta, sacrando a voi la mia fede di sposo. E vi porgo la mano, sicuro che voi mi renderete di bel nuovo possanza e gloria. Maria. Ebbene, son io vostra ?

Fern. Chiamate in testimonianza i Santi del cielo, affinch' ei benedicano nel silenzio questo sacro nodo. E tornerà cosa a lor gradita il vedere ch'io m'offro a voi in ricompensa dei tanti benefizii che già m'impartiste. In tal guisa tolgo alla casa de'Lucani il suo più bello splendore, e dò risalto alla mia vendetta.

Maria. Tu lo farai rifulgere col nome dei Vargas; poichè tu trasmetterai ai secoli futuri incolume il nome del tuo gran casato. Ed io, poichè or son la tua sposa, m'incarico di farti rimaner senza periglio travestito in Segovia e con un mezzo agevole. Da circa tre anni ho al mio servizio uno scudiero di cui soglio valermi ne'più difficili casi. Egli è uom grave e segreto; benchè i vecchi sogliano non di rado pargoleggiare. E'fu in Segovia tessitore ricco ed onorato. Travolto nell'infortunio tutto perdette, e fu in nostra casa raccolto; perciò ne sarà sicuro appoggio nella speranza di un guiderdone. Penso ordirgli una menzogna dandogli ad intendere che voglio correr in traccia d'un sole il cui oriente è in Segovia, e che voglio seguirlo travestita facendo amore medesimo autor di quest'inganno. Gli darò mille scudi onde munirlo d'un capital sufficiente da porre i suoi telai e ricovrarne presso di lui. Voi sarete suo figliuolo ed io sua nuora. Affinchè poi il nostro segreto rimanga celato nel fondo dell'animo nostro senza che sia noto a verun altro io andrommene sola con esso lui cangiando nome

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