xiv IL TRADUTTORE A CHI LEGGE. d' alcuni serpi, vaghi solo di spaventare i nascenti ingegni, e di cui cotanto abbonda l'Italia, in quella guisa che altrove all' opposito razzano a dismisura altri innominati animali, che si compiacciono di lambire qualunque succidume. Del resto, mentr'io non sono sì poco conoscitore di me stesso per aspirare alla intera soddisfazione de' miei lettori, presumo tuttavia, che non abbiano essi a sapermene del tutto mal grado; poichè gli è solo per mezzo di questo mio lavoro, che vien loro dato di: passeggiare nel più bel giardino, che vantino gl'Inglesi; 'nè io ho schivata dal mio canto alcuna fatica per procurar loro un tale passatempo, a rischio anco del mio nome, il quale appunto per essere ignoto, era almeno illeso dal dente della satira.. PROEMIO DELL' AUTORE. Eccon, cco, lettor cortese, una CAMERA OSCURA, in cui si veggono su bianca tela passare Ombre, che muovonsi e danzano con apparenza di vita. Quando tu abbia tutto l'ozio per intrattenerti di così triviale passatempo, entra, ed osserva le meraviglie del mio GIARDINO INCANTATO. Siccome P. Ovidio, gran Negromante presso la Corte di Cesare Augusto, mercè l'arte poetica, trasformò uomini, donne, e per fino dei e dee in alberi ed in fiori; io ho colla stess' arte intrapreso a ridonare ad alcuni tra essi l'esistenza primiera, dopo ch' e' rimasero si lunga età rinchiusi ne' loro carceri vegetabili; e qui te li presento. Tu li contempla come fossero altrettante miniature appese alle pareti del gabinetto d'una Bella, ed insieme avvinte appena da una semplice ghirlanda di nastri. Quand' anche tu non ne conosca gli originali, potrai tuttavia prender diletto della bellezza de' sembianti, della grazia degli atteggiamenti, e dell' eleganza degli ornati. Addio. NB. Ogni squarcio del presente poema è corredato di note, che troverete in seguito all' ultimo Canto. Piacemi però d'avvertirvi, che più chiara ed interessante vi riuscirà la poesia di Darwin, se le farete precedere di mano in mano la lettura delle suddette note, come quelle che istruttivamente informano delle diverse piante, o di qualunque altra cosa necessaria, di cui parlasi nel poema. Per lo che si è stimato opportuno di humerizzare i versi a cinque a cinque, onde agevolare i riscontri. Per maggior intelligenza poi si avvisa ancora, che quando il poeta parla di pastori, di drudi, di sposi ec., egli allude agli stami, cioè ai maschi de' fiori; ed allorchè parla di pastorelle, di fórósette, di ninfe ec., allude ai pistilli, cioè alle loro femmine; ed il numero si degli stami che dei pistilli è sempre in carattere corsivo, mentre in majuscolo è la pianta, sn cui cade la descrizione. Il Tradut. GLI AMORI DELLE PIANTE CANTO I. SCENDET CENDETE aerei Cori, e voi scendete Concordi a' vostri passi, intanto ch'io 10 Da' Roveri giganti, che tentennano Nell' aere il capo annoso, infino al tenue Musco pigméo, che sulla lor corteccia S'arrampica, qual mai di Belle stuolo 15. E di giovani Drudi empie i festosi Boschi, e sospira e priega e cara infine Ottien mercede de' suoi casti affetti! Mira; il freddo Galanto ed il Giacinto Da gli occhi azzurri sul ruscel curvandosi 20 Mescono il pianto lor; la Primoletta Pallida e la patetica Viola Piegano il capo grato-olente, e meste A l'alito di zefiro susurrano ; La gelosa Sanicola declina Le fosche bocce, e il vergin Fiordaliso Segretamente sospirando langue. Ma de la Rosa il giovine marito, 25 30: In sua bellezza rigoglioso, oh quanta Taccia de' venti il susurrìo; fermate La dolce-mormorante onda, o ruscelli; 35 |