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appetiti possono ridursi alla curiosità, massime relativamente alla prima volta, che desideriamo di soddisfarli, od allorchè procuriamo di soddisfarli con un mezzo nuovo.

Ora facil cosa è il dar ragione della curiosità diversa ne' fanciulli e nel volgo, e negli uomini eruditi. La mancanza di cognizione del maggior numero di cose fa che i fanciulli tocchino tutto, tutto si pongano in bocca, e dividano tutto in parti, e vogliano veder tutto. La stessa ragione è quella, che spinge il volgo ad accorrere ad ogni romore, ad arrestarsi estatico innanzi ad ogni oggetto, che abbia per lui l'aria di novità ec. Ma la curiosità dell' uomo erudito diversifica in quanto che egli ha già acquistata la cognizione di quelle cose, che ancor ignorano i fanciulli ed il volgo, e supplisce coll' immaginazione al bisogno di soddisfare la curiosità che gli potrebbe p. e. eccitare la notizia d'un incendio, d'un esercito che passa la rivista ec., mentre nello stesso tempo lo vediamo poi compiacersi per esempio della contemplazione d'un fore, a cui il volgo punto non baderebbe. Ma l'erudito , per via di raziocinio, presente nel suo ingegno di poter trovare qualche cosa di nuovo in quel fiore, e poter così soddisfare la previa curiosità d'una codi cui appena, intuitamente ha sospettato. Da ciò appare, che la curiosità d'oggetti comuni è propria del volgo o de'fan

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ciulli; che l'erudito è mosso a curiosità da cose, che il volgo trascura; finalmente che un essere quanto meno sente la curiosità, tanto più indica d'avere ottusità di sensi per conseguenza tanto più s'accosta alla stupidità.

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L. Non vi rincrescerebbe adesso di ritornare al soggetto, ?-

T. Dopo avere analizzati gli effetti, che produce sull' animo degli uomini uno spettacolo di miseria reale, volentieri passerò ad esaminare quali sieno quelli prodotti dallo spettacolo di miserie finte, cioè dalle sceniche rappresentazioni tragiche

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E qui primieramente io dimando: può mai una situazione veramente tragica produr dolore? A me pare di no. Ognuno, che ac corre alla rappresentazione d'una tragedia, sa che portasi a vedere uno spettacolo finto, e sa che deve vedere oggetti tristi e miserandi, giacchè questi sono gli elementi della tragedia, Or questa prevenzione toglie tutti gli effetti penosi, che produr potrebbe la tragedia; perocchè, anche in realtà, viene in noi quasi onninamente distrutto il sentimento del dolore quando ci presentiamo volontariamente innanzi ad oggetti, che previamente sapevamo doverlo eccitare. Di maniera che la rappresentazione d'un fatto tragico deve per questa ragione cagionar minor dolore di quello che cagionar possa la lettura d'una storia o d'un poema, in cui

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impensatamente si descrivano vicende terri

bili. Eppure ognuno sa per prova, che

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la lettura di simili storie poco sun dolore produce ; e ciò io credo dipendere primieramente perchè la non conoscenza delle persone, di cui vi si fa parola, diminuisce od anche lascia d'eccitare in noi quella forza di simpatia, per cui arriviamo a partecipare tanto del bene che del male de' nostri simili; in secondo luogo perchè è proprio degli oggetti, che possono reçar dolore, di perder tanto più questo loro potere, quanto più sono da noi rimoti. E benchè uno dei fini della rappre sentazione scenica sia di riavvicinare a noi persone. vissute molti secoli passati, tuttavia quell' esser noi prevenuti, che siamo spettatori di cose finte, basta egli solo il più delle volte per toglier quasi interamente questo effetto, che gli uomini si sono proposti di conseguire con tali spettacoli, e che è più che mai necessario, siccome il primo anello della catena degli effetti successivi che produr deve la tragedia.

L. Non potrebbe però avvenire, che il poeta fosse nell'arte sua si abile da porre tanto interesse nella sua tragedia da far cadere lo spettatore in una profonda illusione, di maniera che per un dato tempo egli abbia a prendere per reale ciò che è finto? E voi vedete, che in questo caso potrebbe lo spettatore tutto ad un tratto provar benissimo dolore.

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T. Sia pure; ma siccome noi siamo sempre apparecchiati ad ogni sforzo per liberarci dalle sensazioni disaggradevoli (1), così quello spettatore sull'istante rifletterebbe che ciò, che vede, è finto; e da questa riflessione (come già avvertì Darwin) non solo ne verrebbe distrutta di repente ogni traccia di dolore, ma nuove fonti gli si aprirebbero di piacere ancor più squisito di quello, che prova un altro spettatore, il quale, sempre presente a se stesso, non si

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(1) E' tanto vero, che noi siamo sempre apparecchiati ad ogni sforzo per liberarci. dalle sensazioni disaggradevoli, che, anche durante il sonno, stato in cui è sospeso l'esercizio della volontà, se innanzi alla nostra immaginazione vengano a passare sogni sì tetri e sinistri da produrre in noi sensazione dolorosa, viene tosto eccitata la potenza di volizione, ad oggetto di liberarci dalla medesima quindi o ci avviciniamo allo stato di veglia movendoci di luogo, o gettando gridi; o ci svegliamo interamente se in sommo grado venga eccitata la suddetta potenza di volizione. Ecco la ragione, per cui veniamo improvvisamente scossi da sogni spaventosi indipendentemente da qualunque causa esterna. E siccome anche alle sensazioni in sommo grado piacevoli tengono dietro i movimenti volontarj, così avviene sempre, che noi ci destiamo nel miglior momento de' nostri sogni deliziosi; giacchè l'esercizio della volizione non è compatibile collo stato di

sonno.

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lascia trasportare a sì lontano grado d'illusione. Dunque una rappresentazione tragica non può eccitar dolore effettivo; mentré, anche nello straordinario caso summentovato, l'istante del possibile dolore è sì breve; e sì rapido e preponderante è il sus-. seguente piacere; che i sensi ne perdono al momento l'impressione, non restando più affetti che piacevolmente; anzi questa spei cie di dolore diversifica talmente dal dolore reale, che convien dire esser egli stesso già misto a qualche cosa di piacevole, essendochè non v'è alcuno, che avendolo una volta provato, non desideri di riprovarlo altre volte; e nel medesimo tempo si sa, che il vero dolore è a tutto potere schivato da' nostri sensi. Del resto, che quella specie di dolore contenga in se qualche cosa di piacevole, è un fatto; la ragione pèrò di questo fatto credo, che stia o nella impossibilità di darsi un'illusione veramente perfetta e continuata, circostanza, necessaria, perchè venga eccitato positivo dolore: o veramente nella pietà, dolce sentimento, per eccitare il quale, il poeta aveva già nel progresso della scena disposto l'animo degli spettatori, e che appunto si riconosce essere nell' atto allorchè sentiamo nell'atto serpeggiare per le nostre fibre un rapido brividio e ne si bagnano le ciglia; espressione ingenua del piacere che reca l' esercizio della pietà, passione veramente nobi

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