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nica: egli è solo un zelante amatore di codesta scienza, il quale s' attenta di destarne in voi tanta vaghezza, che vi sproni ad apprenderla ed allorchè vi riesce, non manca tosto nelle Note d' insegnarvi di molte cose, fra le quali non poche novissime ed ignote alla plebe de' Trattatisti.

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Il poema, che vi presento, in quanto a condotta s'allontana interamente da qualunque altro, che nel suo genere siasi tentato; e se alcun mai gli si può paragonare, egli è l' Invito a Lesbia di Mascheroni, che tanti elogi si è meritato da' più colti ingegni. Il poema di Darwin è un giardino, in cui sorgono con bel disordine alberi e hori diversi, ma da cui non sapete dipartirvi, prima non gli avete ad uno ad uno contemplati, da qualunque parte abbiate intrapreso il vostro passeggio; ed a cui ritornate qualora vi sia mancato l'ozio di tutti in una volta vagheggiarli: egli è un gabinetto d'una Bella, dalle cui pareti pendono vaghe miniature appena avvinte insieme, come dice l'A. nel suo proemio, da una semplice ghirlanda di nastri; ma benchè queste miniature presentino argomenti tra loro disparati, pur voi non ne rimovete l'occhio, se non dopo aver tratto diletto dalla contemplazione della rispettiva loro varietà: che è quanto dire, sì gli alberi ed i fiori, che adornano un giardino, come le miniature, ond' è fregiato un gabinetto, interessano indipendentemente

dall' ordine, dalla congiuntura, dalla progressione e ciò appunto si riscontra nella lettura de canti di Darwin, i quali interessano indipendentemente da qualunque macchina, di cui interamente mancano. Laonde si potrebbe asserire, che degno di lode è ciò stesso, che viene generalmente a codesto poema attribuito come difetto; giacchè una macchina qualunque, tenendo lungamente sospesa la mente, finisce per istancarla; e niuno ignora che la stanchezza risolve in noja ogni qualunque ricreazione, e vi pone termine; nè saprei qual altro egual vanto possa riscuotere la poesia, se la private del suo primo scopo, che è quello di ricreare.

Un' accusa non meno generale, che vien fatta a Darwin, si è d'essere troppo ardito, troppo forte nelle sue immagini, e troppo lussureggiante nelle sue descrizioni. Primamente io farò riflettere a' miei lettori, che gl' Inglesi non ebbero finora negli annali della loro letteratura un' epoca sventurata simile a quella, ch' ebbimo noi Italiani, dico il seicento: la rimembranza della derisione, in cui furono poste le stravaganze di quel secolo, tarpa bene spesso le ali alla fantasia de' nostri poeti; laddove gli Inglesi, lontani da cotal timore, osano tentare voli, che noi schiveremmo per non arrischiare d'essere oggetto di scherno finiamo così non di rado per istrasciare al

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suolo. Non comprendo poi, come rimproverar si debba un poeta, il quale, se è ardito, forte, lussureggiante nelle sue immagini e descrizioni, lo è espressamente ed a solo fine di dare agli oggetti, che imprende a descrivere, quel carattere d'evidenza, che invano trovar si spera in opere meticolose, fiacche, grette e stentate. Il talento di ben descrivere mentr' è sortito da pochi, gli è pur quello che distingue il vero genio da' limitati scrittori. Ma per ben descrivere un oggetto qualunque, è necessario primieramente d'averne ricevuta una viva impressione, e quindi di trasmetterla all'immaginativa degli altri per mezzo delle parole (*). Or chi non vede la debolezza di questo mezzo per risvegliar l'idea di qualsiasi oggetto, in confronto dell' immediata contemplazione dell'oggetto medesimo? Sarà dunque dovere del poeta descrittivo di supplire alla debolezza de' mezzi, che gli è dato d'impiegare, colla scelta d'un linguaggio che sempre vi parli agli occhi, col raccogliere le circostanze meno comuni, e col presentarle d'una maniera nuova, originale, inaspettata, onde colpir possano per modo la vostra fantasia, che abbiate a vedervi distintamente innanzi agli occhi quasi in realtà ciò, ch' egli non vi presenta se

(*) Vedi Blair Lez. di Ret. T. III. Lez. III.

non per via di segni convenzionali. Ma come si può mai rappresentar le cose d'una maniera nuova, originale, inaspettata, se non se col deviare dalle altrui tracce, coll' aprirsi nuovi varchi, col tentare nuovi colori, coll' usare d'uno stile non pria conosciuto? Coloro adunque, che censurano il mio poeta, come troppo ardito e troppo immaginoso, altro non fanno che protestarsi nemici della novità e della originalità, primi elementi per produrre interesse e diletto; e rari caratteri ma unicamente proprj del vero genio.

Ma i detrattori di Darwin continuano a tacciarlo d'intemperanza nello adornare ed abbellire i suoi quadri, in cui ravvisano piuttosto prodigalità, che convenienza poetica. Sia pur questo un difetto; egli potrà così servire a temperare il difetto opposto della più parte de' moderni nostri poeti, voglio dire la soverchia negligenza nella scelta e nel fasto di quegli ornati, di cui tanto vanno ambiziose le Muse, le quali ben s'avveggono, che, prive de' medesimi, non. si trarrebbero dietro gran folla d'adoratori. Sia pure un difetto; ma esso fia sempre riguardato come esclusivamente proprio de' grandi ingegni, i quali ricchi di mille tesori, possono paragonarsi alle onde del Tago, che indorano tutte le sabbie su cui passano. Sia pure un difetto; ma egli è poi ricompensato a dovizia dai più grandi

pregi, che aver possa un poema, vità e dalla originalità.

dalla no

Non io m' arresterò qui a difendere Darwin d'un altro non meno acre rimprovero, che gli vien fatto circa i rapporti delle sue similitudini, che ad alcuno troppo superficiali rassembrano e sforzati. Egli medesimo ha trattata la propria causa nell' intermedio II. de' suoi Canti, nè io ho veruna cosa a soggiugnere.

Ma nel momento, ch' io mi mostro cotanto partigiano di Darwin, non vorrei già, che taluno stimasse aver io in pensiero d'esibire un modello di poema colla pubblicazione del presente. Io mi lusingo soltanto di mostrare con questo, che un ingegno veramente caro alle Muse può con rara pompa di bella poesia adornare un argomento, il quale per la comune sarebbe più sterile, che non è l'arena per l'erbe e per li fiori. Mi dò ad intendere di provare, che non mancano nuovi colori ed immagini, onde far aggradire quadri già prima da cent' altri eseguiti; che vi sono larghe fonti di ricchezze poetiche o ignorate o neglette, ed a cui puossi attingere con sommo vanto; che si possono spargere di fuoco i tratti che ne sembrerebbero meno suscettibili; pretendo infine d'insegnare, che sonvi tuttavia sul Parnasso, per chi ambisce al titolo di vero poeta, ameni sentieri non prima impressi da fortunato piede.

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