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Non son proprio belli, come versi, ma bisogna molto perdonare alla buona intenzione. Famoso è rimasto, negli annali dell'amor platonico, quel suo verso sulle due isolette vicine (simbolo di due amanti).

Si guardan sempre e non si toccan mai.

Sorte ormai riserbata anche ai volumi del patriotta

veronese.

ALEMAN MATEO (1547-1614 ?)

Studiò medicina; fu imprigionato tre volte per debiti e peggio; dovette scappare in America. Compose uno de' più celebri romanzi picareschi: Guzman de Alfarache (1599) ch'ebbe più risonanza e fortuna che, più tardi, il Don Quijote. L'eroe è un garzone d'albergo, ladro a Madrid, soldato a Genova, buffone a Roma: il vero tipo del picaro, avventuriere cinico e malandrino, che la vecchia letteratura spagnuola ha reso immortale. Se il famoso << realismo » di Zola e compagni consiste nel raccontare senza sottintesi e con particolari anche schifosi la vita dei farabutti imbroglioni e lussuriosi, è giusto ricordare ai francesi che il «< realismo », come sistema letterario, è nato coi novellieri italiani e coi picareschi spagnuoli.

ALEMBERT (D') (1717-1783)

Matematico; creatore, con Diderot, della famosa Enciclopedia. Scrisse di sè (in terza persona) un ritratto ch'è, naturalmente, un'apologia. Ex ore tuo judico: «sa maxime favorite est que, presque sur tout, on peut dire tout ce qu'on veut ».

«Il serait au désespoir de penser que quelqu'un fût malheureux par lui, même parmi ceux qui ont cherché le plus à lui nuire. Ce n'est pas qu'il oublie les mauvais procedés ni les injures; mais il ne sait s'en venger qu'en refusant constamment son amitié et sa confiance à ceux dont il a lieu de se plaindre ».

Per finire: «Son âme, naturellement sensible, aime à s'ouvrir à tous les sentiments doux ». Come sarebbero, per esempio, il ricordo delle offese e le diffidenza e il disprezzo

verso quelli « dont il a lieu de se plaindre ». Codesti Enciclopedisti son gli stessi che pretendevano di portare una morale più elevata e pura di quella cristianae gli stessi che educarono Robespierre (anche lui «naturellement sensible ») e i suoi precursori e imitatori.

ALESSANDRO MAGNO (356-323 a. C.)

Questo domatore di cavalli, alcoolista e concubinario, che uccise il suo miglior amico nel furore dell'ubriachezza e che arrivò coi suoi cavalli fino in India coll'idea di farsi un impero grande come la terra, e guardava con nostalgia la luna desideroso di conquistarla, trovò finalmente il suo padrone dentro una botte.

Levati di lì che mi pari il sole, gli disse Diogene. Gli Alessandri minimi che son venuti dopo di lui avrebbero fatto ammazzare il filosofo e questa superiore generosità è la sola ragione che basta a giustificare il soprannome di Magno dato all' ingordo Macedone.

ALESSIO (SANT')

Uno de' più scandalosi campioni della pazzia dei santi. Suo padre, Eufemiano, era ricchissimo e aveva, dice Jacopo da Varagine, tremila schiavi vestiti di seta colle cinture d'oro. All'unico figlio Alessio dette una bella e ricca sposa, ma la notte delle nozze il giovane esortò la vergine alla verginità, le dette il suo anello d'oro e fuggì. Andò a Edessa dove regalò tutto quel che aveva ai poveri e si mise con loro ad accattare alla porta di una chiesa. Suo padre mandò da ogni parte gente a cercarlo e alcuni che capitarono a Edessa lo videro ma non lo riconobbero e gli fecero l'elemosina. «Io ti rendo grazie, Signore, che tu mi abbia permesso di ricever la carità dai miei servi!» Dopo diciassett'anni di questa vita venne in fama di santità e per sfuggire agli onori s'imbarcò per Tarso ma la nave andò in Italia ed egli tornò al palazzo di suo padre al quale chiese ospitalità. Nessuno lo riconobbe ma fu accolto in casa per carità e si acconciò in un sottoscala, contentandosi di un po' di pane e sopportando le ingiurie e le beffe dei servi. Vi stette diciasett'anni, senza esser rico

nosciuto dai suoi, ma scrisse in un foglio la sua vita: l'aveva stretto in mano quando, una mattina, lo trovaron morto sotto la scala.

Si può immaginare, dicono i cristianellini juste milieu, maggior pazzia di questa? Perchè abbandonare i genitori? Perchè togliere, lui ricco, le elemosine agli altri poveri? Perchè non farsi riconoscere al padre, alla madre, alla sposa che tanti anni lo cercarono? Perchè farsi insultare dai servitori nella casa dove poteva esser padrone?

Ragionando secondo il mondo codeste ragioni sono eccellenti ma per l'appunto Cristo ha detto che bisogna giudicare secondo il cielo e non secondo il mondo e che bisogna lasciare ricchezze e parenti per ottenere il resto. E la Chiesa ha giudicato che Alessio fece bene e lo festeggia come santo il 17 luglio. La poesia popolare, perfino in Italia, ha cantato la sua vita e un poeta modernissimo l' ha scelta per farne un mistero: Le Pauvre sous l'escalier di Henri Ghéon.

ALFA E OMEGA

Dall'alfa all'omega voleva dire, anticamente, tutto lo scibile. Il signore moderno è più modesto: la sua alfa è la tavola abbondantemente apparecchiata e il suo omega obbedendo al proverbio che tutti i salmi finiscono in gloria è il letto dove dorme dopo aver coperto la sua femmina. Tra quest'alfa e quest'omega non c'è che un passo e questa lineetta di congiunzione è l'Affare.

ALFABETO

Opinione del Santo padre Victor Hugo e quindi .di tutta la democrazia mondiale: « Per ogni scuola che s'apre, una prigione si chiude ». Il pensiero laico è veramente profetico; infatti, rigurgitando le scuole, le prigioni rigurgitano due vasi intercomunicanti, pei quali passa l'umanità moderna, accuratamente rigenerata dai benefici abolitori di Dio.

ALFIERI VITTORIO (1749-1803)

Del conte Vittorio nessuno legge più le tragedie e le tramelogedie a meno che non vi sia forzato dai «< vigenti programmi >> come maestro o scolaro. Ma resta di lui la leggenda del « volli, volli, fortissimamente volli». Ora il suo più erudito biografo ha scoperto e dimostrato che la sua Vita scritta non combacia spesso e volentieri colla vita vissuta e soprattutto che in lui la volontà fu debolissima. Difatti le storielle che si rammentano di lui, il legarsi al seggiolone, il tagliarsi la capelliera e altre, dimostrano ch'egli aveva bisogno d' impedimenti materiali ed esterni per astenersi o sostenersi cioè il contrario di quel che si voleva dimostrare perchè la volontà si dice forte appunto quando vince da sola.

L'Alfieri, dopo aver vissuto per molti anni in aperto concubinato con una tedesca, vedova di un mezzo re inglese, che lo tradiva con un mezzo pittore francese, finì collo scrivere il Misogallo per vendicarsi della Francia che gli aveva sequestrato i libri e per far dimenticare che aveva cominciato la sua carriera di tragico imitando a tutto andare Racine, Crebillon e Voltaire.

ALFONSO DE LIGUORI (1669-1787)

È il santo che scandalizzava l'anticlericalismo asinesco di Guido Podrecca il quale, attualmente, sembra che scandalizzi i massoni con le sue conferenze americane in gloria e onore della Chiesa.

Prima d'esser prete fu avvocato; ma non potendo respirare nell'aule infette dei tribunali, abbandonò lo studio delle leggi umane per obbedire e consacrarsi a quelle divine di Cristo.

A trent'anni cantò messa. Poi si dette ad evangelizzare la più bassa plebe della sua Napoli finchè, più tardi, passato in Puglia, si consacrò all'apostolato delle campagne e fondò la Congregazione del SS. Redentore.

Nel 1762 Clemente XIII lo costrinse ad accettare il vescovado di S. Agata de' Goti. La sua attività evangelica, come vescovo, non fu minore a quella precedente di missionario.

Pio VII lo beatificò; Gregorio XVI lo santificò, Pio IX lo ascrisse fra i dottori della Chiesa.

Oltre che predicatore ed apostolo fu teologo e mistico. Il suo stile (pur risentendo dei difetti del tempo) ha la grazia persuasiva e commovente di S. Francesco di Sales, mentre, talvolta, nelle descrizioni della morte, assurge alla potenza espressiva d' Jacopone.

Fra le sue molte opere, quella che stabili per sempre la sua gloria ed anche gli procurò diffamazioni e dileggi, da parte di alcuni recenti ciabattini del giornalismo, è la Teologia Morale.

In essa, S. Alfonso reagisce giustamente contro il rigorismo filogiansenista di quei molti confessori che con la loro severità, spesso inopportuna e quasi eretica, gettavano la disperazione nelle anime e contrappone a quella intransigenza, la tanto fraintesa dottrina del « Probabilismo che non è altro, in sostanza, se non la savia e costante norma seguìta, nei casi dubbi, dalla prudenza evangelica della Chiesa.

Ma ecco alcuni saggi dello stile di S. Alfonso :

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IL CADAVERE.

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Figurati di vedere un uomo il cui corpo, poco prima, è stato lasciato dall'anima. Guarda quel cadavere che ancora sta disteso sulle lenzuola; il capo gli è caduto sul petto ha i capelli scarmigliati e bagnati ancora dal sudore della morte; gli occhi incavati, le guance smunte, la lingua e le labbra nere; a tutti fa nausea ed orrore. Ecco in quale stato deve ridursi questo tuo corpo che tanto accarezzi!

....

Considera ora a che dovrà ridursi dopo che sarà gittato nella sepoltura. Prima diventerà giallo, poi nero. Dopo apparirà una lanugine bianca e schifosa su tutta la carne. Di là scaturirà un marciume puzzolente che colerà per terra. In quel marciume poi si genererà una gran quantità di vermi che si nutriranno delle stesse carni putrefatte. Si aggiungeranno i topi a pascersi del tuo corpo: altri girando all'esterno, altri entrandoti in bocca, altri nelle viscere. Ecco a che si ridurrà questo tuo corpo.

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