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quali fu estirpata, grazie alla scienza, ogni traccia di superstizione cristiana.

AMBASCIATORE

L'eccellente sig. Fosco Raspanti, prestatore in occulto, di qualche lieve sommetta all' interesse non diremo strettamente legale, ma neppure esagerato del cinquanta per cento, esercita, pubblicamente per conto di molti proprietari di case, l'onorata professione d'esattore d'affitti.

Perciò egli conosce tutti i suoi inquilini intus et in cute e sa come trattarli a seconda della loro condizione sociale e soprattutto della loro solvibilità.

Egli ha segnato in rosso (capisce lui !) nel registro che reca scritto Pigioni, il nome e cognome della vedova d'un tipografo, la quale s'è meritata quel contrassegno perchè, essendo rimasta con cinque figli, tutti come le dita, e volendo guadagnarsi da vivere senza (come dice il Fanfani alla parola «meretrice ») far copia del proprio corpo, non sempre riesce ad esser puntuale nel pagare l'affitto.

Un giorno, a un mese di distanza dalla scadenza non adempiuta, il sig. Fosco Raspanti bussa alla porta della pigionale insolvibile.

Sono venuto, egli dice con voce melliflua, (e la guarda come volesse spellarla) a sentire se la signora è in comodo.

La donna, che presente la catastrofe che la minaccia, prega, supplica, scongiura l'esattore di volere aspettare ancora ed assicura che pagherà fino al centesimo.

Allora l'uomo dalle prestazioni quasi legali simula un sospiro, poi dice:

«Capisco.... Ma vede, il male è che col padrone di casa non si scherza. Ella, in conclusione non ha i denari; e il proprietario che le ha affittato il quartiere, mentre ha diritto d'esigere in tempo utile la rendita del proprio immobile, sa benissimo che lei (sebbene per forza maggiore) non potrà mai soddisfarlo alle regolari scadenze.

Perciò io la consiglio di metter l'animo in pace e di rassegnarsi a ricevere, dentro domani, l'inevitabile dis detta.

La donna, barcollando, s'appoggia al muro.

L'esattore continua: «Certo, son parti odiose; ma Lei capisce benissimo che io non sono che l'agente del suo padrone di casa; anzi, per dir meglio, io non sono che un semplice ambasciatore; e l'ambasciatore, lei m'insegna, non porta pena ».

Pronunciate queste savie e tecniche parole, l'ottimo sig. Raspanti si accomiata con urbanità.

Qualche giorno dopo, mentre la vedova e i suoi cinque bambini son gettati legalmente sul lastrico, una impataccata cocotte (amante del sig. Raspanti il quale, poveretto, date le sue molte e gravi occupazioni, ha pur diritto di concedersi qualche svago) piglia possesso, altrettanto legalmente del quartiere rimasto libero.

Morale: Da ciò s'impara facilmente che colui che non porta pena (almeno fin che resta in questo mondo) è proprio l'ambasciatore !

AMBIENTE

Il prof. Mediani dice spesso: «La colpa è dell'ambiente ».

AMBIZIONE

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Non c'è cosa al mondo più perniciosa dell'ambizione diceva un giorno il prof. Mediani ai suoi amici ed io vi esorto a non desiderare gli onori che poi, come sapete, son sempre oneri.

Vi ricordate dei versi del Monti nell' Aristodemo?

Comprendi

Che l'uomo ambizioso è un uom crudele ;

Fra le sue mire di grandezza e lui
Metti il capo del padre e del fratello;
Calcherà l'uno e l'altro; o farà d'ambo
Sgabello ai piedi per salir sublime.

Io non ho mai cercato di arrivare troppo in su: la laurea di professore è per me un onesto strumento di guadagno e quanto alla croce di cavaliere di cui il regio governo volle per forza insignirmi vi assicuro che non la chiesi ma gli amici miei la chiesero per me, come compenso delle mie

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modeste fatiche d'insegnante e di educatore, e non volli mostrarmi superbo respingendola.

- Ma vi sono, interruppe il dott. Enteroclismi, ambizioni legittime e sacrosante, come ad esempio la ricerca del vero, la gloria presso i posteri e simili.

Caro dottore, rispose il prof. Mediani, ti risponderò colle parole di un altro poeta, ingiustamente dimenticato, il celebre Pignotti :

Uomo ambizioso e cupido,
Che sudi in seguitare
Un ben, che lusingandoti,
Si bel da lungi appare ;
Quando sarai per stringerlo
In sul fatal momento;
Deluso allora e stupido
Stringerai solo il vento.

Ma codesto è un volgare utilitarismo, replicò il dottore, l'utilità dell'ambizione consiste nell'ardore, e nella purezza della ricerca !

- Niente affatto, rispose imperterrito il Prof. Mediani, l'ambizioso è sempre una bestia e lo dimostrerò con i versi del savio e delicatissimo Pindemonte:

. l'ambizioso

E Proteo novello, or tigre or drago,

Ora serpe, or leon, ma un mostro sempre.

Il nostro professore, osservò allora il curato, è un vero Parnaso ambulante e meriterebbe d'esser fatto cavaliere di Mnemosine. Ma converrà però che un'ambizione giusta c'è, ed è quella che dovrebbero avere tutti i cristiani, cioè l'ambizione più alta di tutte, quella di arrivare al paradiso.

- Quanto a codesta, rispose sorridendo il prof. Mediani, la lascio tutta a lei e a quelli che ci devon credere. Ma io, lo sa, sto per il positivo e non lascio il certo per l'incerto. E se il paradiso ci sarà davvero spero che Dio ci metterà anche me, perchè non fo male a nessuno.

- Ah lei crede davvero di non far male a nessuno ?

proruppe il prete. E codesti discorsi impastati d'un comodo scetticismo che vuol sembrare saggezza non crede che possano far del male a qualcuno? A me, per esempio, fa male sentirli. E crede lei che Dio accetterà volentieri uno che non ha mai pensato a Lui che per scartarlo e metterlo tra le ipotesi inverosimili? E se il Paradiso c'è davvero, come credo io insieme a tanti milioni di anime, crede proprio che toccherà a quelli che l'hanno messo in burletta? Dia retta a me che ancora è in tempo: lasci pure l'altre ambizioni ma veda di coltivare quella che dico io: l'ambizione d'esser degni di Quello che ci ha creati liberi anche di sbagliare perchè possiamo liberamente amarlo.

Bellissime parole, concluse il prof. Mediani, ma troppo al di sopra del mio intendimento. Cosa ne direste, cari amici, se si avviasse la solita briscola?

AMBROGIO (S.) (337-397)

Gran vescovo e gran poeta: basta, per il primo, rammentare la conversione di Sant'Agostino e la penitenza imposta al potente Teodosio; per il secondo i suoi inni che ancora si cantano nelle chiese.

Ma di Sant'Ambrogio all' Omo Salvatico è rimasto impresso specialmente un fatto che si legge nel Passavanti. Andando a Roma si fermò a Malmantile, nel contado di Firenze « dove essendo con tutta sua famiglia in uno albergo per riposarsi, venne a ragionamento con l'albergatore, e domandollo di suo essere e di sua condizione. Il quale gli rispose e disse come Iddio gli aveva fatto molto di bene, che tutta la vita sua era stata con molta prosperità, e giammai non aveva avuta alcuna avversità. Io ricco, io sano, io bella donna, assai figlioli, grande famiglia: nè ingiuria, onta o danno ricevetti mai da persona; riverito, onorato, careggiato da tutta gente, io non seppi mai che male o tristizia vi fusse; ma sempre lieto e contento sono vivuto e vivo. Udendo ciò santo Ambrogio, forte si maravigliò: e chiamando la famiglia sua comandò che i cavalli tosto fossero sellati, e immantinente ogni uomo si partisse, dicendo: Iddio non è in questo luogo, nè con questo uomo, al quale ha lasciato avere tanta pro

sperità. Fuggiamo di presente, chè l' ira di Dio non venga sopra di noi in questo luogo. E così partendosi con tutta sua compagnia, innanzi che molto fussero dilungati, s'aprì la terra di subito, e inghiotti l'albergo e l'albergatore, i figliuoli, la moglie e tutta la sua famiglia e tuttociò che egli possedeva. La qual cosa udendo santo Ambrogio, disse alla sua famiglia: or vedete, figlioli, come la prosperità mondana riesce a mal fine. Non la desiderate, anzi n'abbiate paura, come di quella che conduce l'anime all' inferno». L'autore del De bono mortis e del De fuga seculi non poteva parlar meglio. Ma questo terrore dinanzi alla prosperità non si dovrebbe avere soltanto dinanzi a un uomo, ma a un popolo, a una scuola, a un partito. Guai a quei naviganti che hanno avuto sempre il vento in favore! La Chiesa di Roma, unica fra tutte le monarchie spirituali e temporali, dura da venti secoli perchè da venti secoli, senza riposo, è combattuta e perseguitata.

AMBROSIA

Da quando gli Dei bugiardi sgomberarono dall'Olimpo la ricetta della vera ambrosia fu dimenticata e perduta. Ma col paganesimo risorgente e sbevazzante tornò la voglia e i distillatori d'oggidì fabbricano a dozzine di dozzine nuove sedicenti ambrosie per le sbornie dei greculi a' quali lo schietto vino transustanziato nell'ultima cena non garba e non basta: bevanda da semplici e da preti.

Ma le contemporanee ambrosie poetiche, filosofiche, alcooliche per dare ulteriore ebbrezza ai briachi son mischiate di veleni: veleni gustosi e pizzicanti, ma sempre veleni e coloro che le ingollano a tutto pasto muoiono prima del tempo, non senza far prima sosta nel reparto frenetici de' più reputati e scientifici, manicomi.

AMEBA

Il primo essere vivente secondo il defunto Haeckel, e il più semplice perchè consiste in una vescichetta che ha soprattutto le funzioni dello stomaco. S'intende senza difficoltà che le amebe moderne, le quali vorrebbero ridurre tutta la vita all' ingurgitazione, seguita, purtroppo, dalla

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