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defecazione, abbiano messo l'Ameba nel posto di Adamo. Si sono scordati, però, di spiegare per quale miracolo la materia morta, un bel giorno, abbia creato la materia viva.

AMEN

E l'unica parola della liturgia cattolica che non dispiaccia troppo ai non cattolici prima di tutto perchè è la sola di cui sanno il significato, eppoi perchè essendo spesso l'ultima, è quella che permette di alzarsi e andar via.

AMERICA

L'America è la terra degli zii milionari, la patria dei trusts, dei grattacieli, del fonografo, del tranvai elettrico, della legge di Lynch, dell' insopportabile Washington, del noioso Emerson, del pederasta Walt Whitman, del vomitivo Longfellow, dell'angelico Wilson, del filantropo Morgan, dell' indesiderabile Edison e di altri grand'uomini di simil pasta. In compenso c'è venuto dall'America il tabacco che avvelena, la sifilide che marcisce, la cioccolata che stucca, le patate pesanti allo stomaco e la Dichiarazione d'Indipendenza che figliò, qualche anno dopo, la Dichiarazione dei Diritti dell' Uomo.

ben

Dal che si deduce che la scoperta dell'America chè operata da un uomo che ebbe dei lati di santità fu voluta da Dio nel 1492 come una punizione repressiva. e preventiva di tutte l'altre grandi scoperte del Rinascimento: cioè la polvere da cannone, l'umanesimo e il protestantesimo.

AMIANTO

Il comm. Quattrostomachi, nella ipotesi del proprio decesso e nell'incertezza dell'al di là, volendo avere un riparo contro eventuali arsure ed arsioni, lasciò nel codicillo del suo testamento Ico lire per la Chiesa di Bagoghi e 150 lire per l'ospedale degli idrofobi. Ma non sicuro ancora si fece fabbricare un camicione di amianto, coll'ordine di rinvoltarci da capo ai piedi il suo cadavere colla speranza di rimanere incombustibile non si sa mai nelle fiamme

dell' inferno.

AMICA

E quella stessa scrofa (liberamente accoppiata col solito porco in guanti gialli) che, una volta, le persone educate chiamavano concubina e le sboccate, ma oneste donne del popolo, puttana.

Amica è un ipocrita eufemismo recente col quale si caramella una pallottola di sterco.

Il vizio, trai lemuri mondani del nostro tempo, bisogna che si presenti con aspetto distinto e un po' sentimentale.

Aver moglie! Ohibò, quale volgarità! Invece, aver l'amica, presentare l'amica, farsi vedere in automobile con l'amica, è veramente chic.

In fondo, è questione d'una parola: cambiando una parola, la sostanza resta, ma l'apparenza cambia. Ed è l'apparenza e non la sostanza che ha libero ingresso dappertutto.

Come si potrebbe soltanto immaginare che qualcuno dicesse Questa è la mia mantenuta, la mia druda, od anche (appena appena meno peggio) questa è la mia amante?

Ma se dice invece : « Presento la mia amica, Signorina X», dice la stessa sporchissima cosa con parole distinte, e la distinta sporcizia delle « persone per bene» s'inchina sorridendo e ammirando.

Ormai la cosa è chiara: Famiglia è sinonimo di schiavitù; concubinaggio di libertà; la moglie è un fastidio che mal si sopporta; l'amica un'ala che ci trasporta.

E tra la moglie (prosa) e l'amica (poesia) la scelta, pei lirici suini del nostro tempo, non può esser dubbia.

AMICIS (DE) EDMONDO (1846-1908)

Detto anche Edmondo dei Languori. Viaggiò per poter scrivere dei libri di viaggio, s'ubriacò per poter scrivere un libro sul Vino, fece l'ufficiale per scrivere i Racconti Militari andò in tranvai per scrivere La carrozza di tutti, fu socialista per scrivere le Lotte civili e si fabbricò un cuoricino di gomma lacrimosa per scrivere Cuore. Per poter comporre tutti questi volumi, che fornivano il sostenta

mento della vita a lui e ad un suo figlioletto, dovette compulsare molti vocabolari e dalla lettura dei dizionari ricavò, naturalmente, un altro libro che intitolò L' Idioma Gentile e che lo fece, naturalmente, soprannominare l' Idiota Gentile. Fu uomo compito e uno dei più solerti operai della Ditta Treves. Morì tra il compianto delle maestre elementari che ora però lo tradiscono vilmente con Pitigrilli.

AMICIZIA

Fortuna che gli stessi antiquari di virtuose comunalità che dai sett'anni in su ci fonografano le più fruste platonate e ciceronate sono i primi ad avvertirci che il « vero amico », protagonista di tutte le morali in azione, è la cosa più difficile del mondo a trovarsi tanto difficile che non si trova mai. Più caro del diamante ma più raro. Se ne trovano memorie approssimative in alcune leggende letterarie della Grecia antica - in raccolte di aneddoti del Rinascimento in romanzi moderni ma poco nuovi. In conclusione il « vero amico » sembra appartenere più alla leggenda che alla storia e nessun esemplare perfetto fu registrato dagli stessi suoi panegiristi. I più propendono oggi a considerarlo come un mito laico sul genere di quelli moderni del « borghese », del « miliardario » e dell'«< assassino misterioso >>.

Nessuno psicologo potrebbe ammetterne la realtà senza perdere ogni patente e brevetto. Mai fu immaginato un rovesciamento così completo dell'anima umana.

Un uomo che non vive per sè ma per un altro. Un uomo che preferisce un altro a sè stesso. Un uomo disposto a dar tutto, borsa e vita, per salvare un altro. Un uomo che piange davvero perchè un altro piange, e ride sinceramente quando l'altro ride. Un uomo che non è più proprietà propria, ma quasi parte di un altro uomo. Un uomo così assurdo, così invertito, così passivo, un uomo che smentisce tutte le leggi della meccanica morale, tutti i principî della fisica mentale, tutte l'esperienze della chimica sociale, un uomo cosiffatto non è mai esistito.

Scoperta per reductio ad absurdum, l' inesistenza ideale. e storica dei « veri amici » cantati nelle saghe etiche, resta

assodato che possediamo soltanto dei mezzi amici » e dei «< falsi amici ». Gli uni e gli altri pericolosi -ma i secondi, non essendo altro che nemici truccati per agire con più sicurezza, più utili, alla fine, dei primi.

Anche l'amicizia corrente è un affare e qualche volta, negli affari, si guadagna. C'è un contratto amicale tacito e segreto come c'è, dicevano, un contratto sociale. Questo contratto, come quegli altri rogati dai notari, è fondato sul reciproco interesse.

Io ti ascolterò e tu mi ascolterai - io ti farò compagnia e tu mi farai compagnia - tu mi darai qualcosa e io ti darò qualcosa io ti presterò dieci lire e tu me ne presterai cento tu dirai bene di me, e io non dirò male di te mi difenderai e io ti difenderò.

tu

Non sempre tutte le clausole son rispettate ma questo è il tipo del trattato modello che unisce due o più uomini nell'epoche sperimentabili e nel migliore dei casi immaginabili.

Quando faccio volentieri un piacere a un amico so che all'occorrenza potrò chiederne uno anche maggiore a lui (il ricordo di piaceri già fatti a me non ha tanta forza come questa previsione).

Quando dico bene di lui e ci credo - succede gli è che godo di aver per amico, per compagno, per ammiratore un uomo che gli altri devono stimare, lodare e ammirare, un uomo che ha delle qualità.

Quando lo difendo, difendo prima di tutto me stesso perchè se no cosa dovrei pensare del mio gusto ? della mia scelta della mia intelligenza?

Quando mi piace quello che fa e non lo invidio cede anche questo!

suc

gli è che se lo metto in fila prima degli altri so che c'è uno che gli è accanto ma vien prima e quest'uno son io.

In ogni coppia di amici c' è una vittima, c' è un incubo e un succubo.

Se i due sono di forza uguale e di qualità troppo simili, l'amicizia finisce presto. Ci si annoia, non s' ha niente da dire, non c'è possibilità di lotta - nè speranza di vittoria, nè voluttà di sconfitta. « L'amitié ne dure qu'autant que les humeurs des deux amis restent complementaires ».

Le qualità di ciascuno devono essere opposte ma opposte in modo da incastrarsi insieme, da completarsi. Se l'opposizione è troppo forte o troppo assimetrica, l'amicizia non nasce o muore dopo una stagione.

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Nel contrasto necessario c'è uno che vince e uno che perde c'è sempre, perciò, un sacrificato. C'è uno che subisce l'influenza dell'altro e si lascia guidare e dominare. Impara, senza accorgersene, a parlare, a pensare, a vivere come l'amico. La sua personalità, se l'aveva, rimane per i giorni di solitudine e torna fuori a stirarsi le membra, tutta appiattita dalla compressione dolce e involontaria della consuetudine. In ogni paio c'è il maschio e c'è la femmina, c' è il padrone e il servitore, c'è il forte e c'è il debole, c'è l'uomo e c'è la scimmia.

Male per tutti e due. Uno, il succubo, perde gran parte di sè stesso e anche se diventa migliore non è più lui l'altro, l'incubo, che gioia e orgoglio deve provare a ritrovarsi fra i piedi una persona che non è più una persona, un essere che gli somiglia fin troppo, un vinto che non seppe difendersi, un uomo che si comporta come una donna? Possedere qualcosa che non si stima è lo stesso che nulla.

Alla fine anche codesta amicizia si sfascia: se il debole non si rivolta, il forte si disgusta. E il divorzio inevitabile mette capo all'odio nel primo e al disprezzo nel secondo.

L'amicizia ha questo di buono: che non è eterna. Ma ha questo di cattivo: che è difficile a troncarsi più del

l'amore.

I primi tempi sono i più belli. C'è la calamita del nuovo, c'è il gusto della scoperta reciproca. Ognuno dei due fa toilette e cerca di presentarsi nelle pose più belle e nelle luci più favorevoli. Si prova più godimento a parlare e meno seccatura ad ascoltare. Ma a poco a poco, a meno di non essere pozzi artesiani o vulcani in piena attività, ci si vuota. Per riempirsi ci vuol del tempo. Ma stando troppo separati si perde il contatto e l'intimità continuando a star troppo vicini viene la sazietà e la noia. Intanto si scoprono i cantucci bui accanto agli angoli soleggiati; i difetti vicino agli eccessi, i pericoli sotto le promesse.

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