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negare a chicchessia, e tanto meno a sè stesso, il diritto di scegliersi liberamente quella lozione e quella fede politica che più gli s'avviene.

2.

CAV. DEIFOBO LUCIFERINI

Sessant'anni.

Chimico-farmacista di Bagoghi, provincia di Lonza. Faccia verdastra, denti cariati, alito rummoso, aspetto risentito e mummiesco.

Idee: recisamente anticlericali.

E. 33. della Loggia « Salute Satana!» e presidente del gruppo locale dei « cremandi» che, quando escon fuori in forma ufficiale (tredici membri precisi), son preceduti da un labaro verdefiele, con in mezzo una lingua di fuoco e, sotto, in lettere nere: «La fiamma è bella! ».

I suoi due figli, Catone e Libero, si vanta d'averli battezzati da sè, col vino; e, per far dispetto all'arciprete che sta di faccia, mette annualmente fuor di finestra, per la processione di Gesù Morto, un ritratto, bene illuminato, di Giordano Bruno.

Cultura: si desume dalla sua parca ma scelta biblioteca, posta accanto al tavolino di marmo sul quale stende le cartine per le prese ed arrotonda le pillole. Essa si compone de La Monaca di Diderot, dell' Enciclopedia Popolare Sonzogno, della Farmacopea, del Lucifero di Mario Rapisardi e del Maiale Nero.

E assessore della Pubblica Istruzione e soprintendente ai

Macelli.

3.

COMM. QUATTROSTOMACHI

Pur troppo non è più! Mentre, dopo il solito pranzo luculliano, stava poppandosi il solito avana profumatissimo, colpito da paralisi cardiaca, senza poter dire neppur obi! fece la morte del giusto ».

Era banchiere e senatore per censo.

La natura gli aveva donato un appetito da lupo e uno stomaco di struzzo. Il suo peso oltrepassava felicemente il quintale.

Essendo venuto su dal nulla» (cosa della quale si vantava spesso) ed avendo «realizzato » una « favolosa fortuna », non a torto, stimandosi degno d'adorazione, aveva incominciato, lui per il primo, ad adorar se stesso.

Ma era ammalato di troppa salute; e sebbene questo morbo non sia ritenuto letale, fu il solo ch'ebbe la forza d'abbattere quella Bastiglia di lardo.

In questo libro, per quanto indegnamente, ma con l' intenzione purissima di onorarne la venerata memoria, si registrano detti memorabili e ricordi del lacrimato Commendatore.

4.

DOTT. ENTEROCLISMI

Ateo, materialista, asceta della scienza; specializzato nella cura dei morbi celtici.

Odia il Medio-Evo e per conseguenza la Chiesa, che n'è la triste continuazione e ch'egli definisce, con un' immagine

ardita ma efficacissima, «il sopravvivente vivaio dei più virulenti bacilli atavici dell' imbecillità ».

Il suo Credo è questo: « Esiste la materia e nient'altro che la materia.

Ogni organismo è una macchina.

L'Universo è un macchinario messo in moto da se stesso ab eterno.

La morte non è che una delle tante trasformazioni della materia.

Il pensiero è una secrezione del cervello.

L'uomo è un tubo con due fori.

L'amore uno sfregamento degli organi genitali, fra animali di sesso diverso.

L'anima è ignota al microscopio.

Dio non è stato mai incontrato dalla Scienza.

E la Scienza (che distrugge la religione e non ha bisogno della filosofia) è destinata ad essere, quanto prima, l'unica Fede dell Umanità ».

Questa specie di Santo Laico (che tiene consultazioni, tutti i giorni, pei marcati da Venere, dalle 10 alle 12) ha fatto scrivere sulla porta del suo gabinetto:

Visite accurate L. 50.
Visite accuratissime L. 100.

5.

RAG. CONSUNTIVI

Figlio d'un pollaiolo, ha rinnegato con legittimo disgusto le rigaglie paterne.

Sebbene munito di regolare licenza d'Istituto, non è molto forte, a dir vero, in fatto di grammatica e perciò non troppo sicuro quando « mette in carta ».

Ma dove il suo talento non comune si rivela intero, è nelle matematiche e in computisteria che formano veramente la «sua branca ».

Qui è chez soi.

La presentazione di un elaborato bilancio lo fa ingrassare; il fiero calcolo dei logaritmi, appassionatamente abbracciato con la seducente « partita doppia », lo manda in estasi ; la procedura fallimentare, dalla deposizione del bilancio alla stipulazione del concordato, gli mette addosso Pebrezza epica d'un paladino di Carlo Magno.

Tutto il suo mondo intellettuale, formicolante di cifre, sale e discende per l'eterne colonne (separate da due righi rossi) del Dare e dell' Avere, che costituiscono (com'egli dice con giusta enfasi) « le sole colonne incrollabili sulle quali s'appoggia l'Umanità ».

Se qualcuno, per caso, gli domandasse quali sono le sue opinioni, egli risponderebbe : « Opinioni? Mi meraviglio. Io non mi baso che sulle cifre; e l'aritmetica, scienza fatta di cifre, non è, come si sa, un'opinione ».

6.

AVV. PAPPAGORGIA

Alto, grosso, fornito di doppio mento.
Nativo di Bagoghi, risiede a Lonza.

Sull'adipe rotondeggiante ostenta una doppia catena d'oro con appese tre medagliette parlamentari e un corno di corallo contro la iettatura.

D'estate, abolita la sottoveste, indossa una giacca d'alpagas leggerissima che il vento, rigirandovi dentro, gl' impallona sulla schiena; d'inverno, si vede procedere, lungo il marciapiede, maestosamente impellicciato.

Quand' esce dallo studio, con la busta di prammatica sotto braccio, manda i piedi in fuori, la testa indietro e la pancia

in avanti.

E deputato da tre legislature; ha militato per vent'anni nel campo democratico e non nasconde d'aver nutrito, in altri

tempi, qualche platonica simpatia per una eventuale repubblica di schietto tipo sociale.

Attualmente però, non esita un istante a riconoscere le grandi benemerenze del fascismo; ma, essendo stanco della politica, s'è dedicato all'esclusivo patrocinio degli interessi dei propri clienti, non senza passare, con ammirabile prontezza, dal civile al penale e viceversa, sebbene soprattutto nel penale non abbia competitori.

In gioventù manifestò per la letteratura attitudini non meno spiccate che per il Codice.

Ma le circostanze lo distolsero fatalmente dal cammino fiorito delle Muse.

Tuttavia non è spento a Lonza il ricordo di due suoi volumetti di versi: «Ciclamini» e « Tristia», stampati presso i Sordomuti, a spese dell'autore, nè d'una conferenza dantesca, tenuta all' Accademia dei Ruminanti, su Le sentenze di Minosse, in relazione coi nuovi postulati della Medicina legale.

7.

TEOFILO PANCIADORO

Negoziante di pannine.

Cattolico osservante e fratello della Misericordia.

Tiene accesa, in bottega, tutto il giorno, una lampadina elettrica da mezza candela davanti a una immagine della Vergine e, stando a banco, da un anno all'altro, in persona, nessuno può superarlo nell'arrangiarsi col metro.

Buon cittadino; nemico, come il prof. Mediani, di tutte l'esagerazioni e, soprattutto, di quelle religiose.

Una delle sue frasi è questa : « Cristiani si, ma senza la pretesa d'esser santi ».

Nel tempo della guerra si vide continuamente, fuori del suo negozio, una «bandiera al vento».

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