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bruti sensuali la cui unica gloria consiste nell'esser facitori di becchi.

3°: Nel linguaggio di Narciso Francatrippa e compagni, è colui che è tradito dalla propria moglie.

Col cristianesimo, (non superficiale, ma profondo e vissuto) il primo perderebbe la propria reputazione e gli altri due sparirebbero.

Ma viviamo nell'epoca felicemente pagana dei tre becchi; e quindi per Gesù non c'è posto.

BECERO

è, naturalmente, l'Omo Salvatico il quale ha la bella pretesa non soltanto di dire tutte le verità, anche se brutte ma anche quella, più vergognosa, di volerle dire con le parole proprie, anche se bruttissime. E siccome per giunta è fiorentino, cioè della patria dei beceri, non potrà risponder nulla a sua giustificazione nè tampoco impugnare l'aggiustatezza dell'appellativo.

Anche Dante, in parecchi luoghi dell'Inferno, è un becero di parole e di fatto, eppure fece tanto che gli riuscì di salire al Paradiso e oggi una mandra di personcine ammodo, garbatine, lisciatine, educatine, tanto da sembrare galatei semoventi, perdono gli occhi, il cervello e la vita a commentare, insieme agli enigmi, anche le becerate in rima. di quella linguaccia sboccata del nostro concittadino e pre, sidiatore.

BECQUE HENRI (1831-1899)

Autore drammatico galantuomo e perciò disgraziatissimo.

Non vedendo la vita con lenti color rosa, la riproduceva com'è triste e sudicia.

Per questa ragione fu costantemente tenuto a rispettosa distanza dai signori capicomici e, al solito, perchè gli fosse resa giustizia, dovè morire.

Les Corbeaux e La Parisienne (due commedie caustiche ed amare, che infine, rappresentate, trionfarono) ci rivelano compiutamente l'arte e l'anima di Becque.

Il quale è stato ricordato da l'Omo Salvatico, non per

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altro motivo se non perchè, tra i molti ricchi lenoni dell'arte drammatica, fu un artista misconosciuto, povero ed

austero.

BEECHER STOWE (1811-1896)

Sentimentale femmina romanziera americana, che li berò gli schiavi neri colla sua famosa Capanna dello zio Tom. Le molte lagrime sparse su codesto libro formarono un fiume che divise in due l' Unione degli Stati Uniti e furono tra le cause d'una guerra in cui morirono di ferite o di malattie più di 300.000 bianchi.

Lo Zio Tom, finalmente liberato, è tuttora schiavo della sua bestialità, del suo boss, del suo pastore, dello wisky e ogni tanto, invece di esser frustato, viene impiccato o pistolettato dai valorosi esecutori della Legge di Lynch i quali non leggon più, al pari dei rimanenti americani ed europei, il micidiale capolavoro della defunta Beecher Stowe.

BEETHOVEN LUIGI (1770-1827)

La musica di Beethoven non è gioco di suoni e architettura d'accordi: ma la passione di un'anima che si esprime col canto, colla speranza d'essere udita nel fragoroso silenzio della terra. Quello che c'è in quell'anima di umanamente divino vuol ricongiungersi alla fonte divina da cui scaturi, inalzarsi al disopra degli strepiti umani e delle umane voci e delle brumaie che nascondono il sole, e risalire alla sua patria, al cielo.

Per questo il canto di Beethoven è così nostalgicamente doloroso e così dolorosamente nostalgico e nello stesso tempo, quasi alla medesima pagina, così traboccante di gioia e trionfante d'allegrezza. La grandezza imprigionata dalla mediocrità, la nobiltà schiava del basso, l'amore attorniato dalla miseria, fanno che il canto di Beethoven sia pianto il pianto di un titano in catene, di un eroe disarmato, di un angelo coll'ali tagliate. Ma da uno spiraglio del cielo un raggio dello splendore nativo riscende quaggiù; il dolore si risolve in una voluttà purificata, la sordità gli fa udire armonie vietate agli udenti, la morte

stessa gli appare come una promessa d'una vita ch'è da più della gioia.

Per questo, ascoltando la musica di Beethoven, anche la più patetica o disperata, non ci sentiamo abbattuti ma come rinati e rifatti, in un mondo più nostro dell'usuale, più aperto sull' immensità, più alto e più sereno, e proviamo, invece dell'acedia malinconica dei romantici, una nostalgia della felicità perduta, un rimorso dell'opera non fatta, una bramosia di creare, d'affermare, di sormontare, un'amorosa volontà di seguire colui che c' inalza, coll' incantesimo di poche battute tristi e solenni, a quell'altezza ch' è sua e dovrebb'esser pure la nostra e di tutti gli uomini non nati soltanto a comsumar pane e scarpe sulle strade delle pianure.

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Beethoven fu profondamente cristiano: non perchè abbia scritto la Missa Solennis o l'Oratorio di Cristo sul Monte Oliveto, ma perchè ha sentito e fatto sentire, come pochissimi, il desiderio spasimante della purità, dell'elevazione, dell'amore sovrumano, della gioia celestiale ch'è la vera sostanza mistica del Cristianesimo. « La mia arte scriveva a un amico deve essere consacrata solo a migliorar la sorte dei poveri ». E dètte largamente lui che non ebbe neppure un po' d'elemosina d'amore quel che guadagnava a quelli che avevan bisogno di lui ma non dette soltanto ai poveri che cercavan monete: dette e ancora dà ed eternamente darà a tutti noi, poveri nell'anima, bisognosi di grandezza e di felicità, le ricchezze inconsumabili della sua anima di gigante mutilato e di martire felice.

BEFANA

Befanina non mi bucare,
bo un corpo duro duro

che mi sona come un tamburo.

Dunque la Befana portava con sè anche uno spiede, Doveva essere uno spiede lungo lungo, uno spiede acuminato, al quale s'appoggiava come se fosse un bastone, e col quale, quando proprio se lo meritavano, bucava il corpo ai bambini.

L' Omo Salvatico racconta queste cose, perchè si ricorda d'essere stato bambino quando c'erano ancora i bambini e la Befana; quando i bambini, essendo veramente bambini, credevano che la Befana, nella notte della Befana, camminasse di tetto in tetto e discendesse, dalla gola del camino, mentre tutti dormivano, a empir le calze.

Quei bambini di quei tempi, (di quei tempi barbari e superstiziosi) credevano anche che le misteriose lucciole, scintillanti al buio, sotto il bicchiere, « cacassero» davvero i duini e i soldi; e credevano anche che la Via Lattea, lassù lassù, biancastra, nel cielo, fra le innumerevoli stelle d'oro, fosse proprio la strada che aveva fatto la Madonna, a cavallo al ciuchino, col bambino in collo, accompagnata a piedi da San Giuseppe che per bastone s'appoggiava a un giglio, quando, perchè il re Erode non le ammazzasse il bambino, dovè fuggire dalla Palestina in Egitto.

Ma dov'era la Palestina, l'Egitto?

Lo stupore dell' Omo Salvatico quand'era bambino più d'ora, quando, disteso a pancia all'aria, sull'erba, nelle sere d'estate, guardava, con i suoi piccoli occhi d'angelo senz'ali, l'immenso cielo, s'accresceva misteriosamente quanto più pensava a quella storia meravigliosa della Sacra Famiglia che s'era svolta lassù.

La Palestina! L'Egitto! Gli cercava. Ma non vedeva che quelle gocciole di latte che la Madonna aveva perdute, nella fuga, attraversando impaurita quella immensa foresta di stelle; ed egli, l'Omo Salvatico, percorreva con lo sguardo quella via nel cielo, quella via bianca e misteriosa, che gli sembrava fatta di bioccoli di bambagia e che, sebbene immensa, incominciava da una parte e pareva finisse dall'altra.

La Palestina! L' Egitto! Non gli vedeva. Non gli trovava. Essi dovevano essere dunque di là dal cielo.

Ma il Cielo! Era forse il Paradiso? No, perchè il Paradiso non si vede che da morti; e allora tutte quelle stelle non erano, secondo lui, che l'impiantito, visto dal basso, sul quale, invisibile, camminava Gesù.

Intorno, un trillio di grilli, un luccichio di lucciole; più in là qualche gre-gre di ranocchi.

A quei tempi, ai tempi della Befana e dell'infanzia dell' Omo Salvatico, c'erano queste cose.

Oggi....

BEFFA

Specialità della letteratura italiana antica e moderna segno che nei nipoti di Scipio la crudeltà vuol essere allegra, o che la burletta tende alla ferocia.

Bibliografia: BENELLI SEM, La Cena delle beffe; D'ANNUNZIO GABRIELE, La Beffa di Buccari; BERRINI NINO, Il Beffardo.

BEL-AMI

Titolo e protagonista d'un romanzo di Guy De Maupassant che dovrebb'esser riesumato ed offerto come indispensabile vade-mecum a tutti i giovani arrivisti del nostro tempo.

Si tratta infatti d'un pezzo di farabutto che, procedendo di sottana in sottana, giunge con questo mezzo (sempre raccomandabile) a diventare una «colonna della società ». Chi non vorrebbe, dunque, imitandolo, pigliare i due soliti piccioni alla stessa fava?

BEHEMOTH

Animale gigante e terribile descritto da Jahvè a Giobbe (Giobbe, XL, 15-24). Dicono che sia l'ippopotamo: «Le sue ossa sono tubi di rame, le sue membra come verga di ferro ». Non sarebbe piuttosto una velata profezia delle gigantesche macchine metalliche de' nostri tempi? Non è forse la macchina un bestione che ha vene di rame e ossa di ferro? E la nostra civiltà quantitativa e meccanica non è una civiltà degna d'ippopotami ?

BELCARI FEO (1410-1484)

Ottimo fiorentino che in piena Rinascita seppe serbare gli spiriti, la fede, la lingua del trecento. La sua vita del B. Colombini è un capolavoro di candidezza efficace; e nelle sue sacre Rappresentazioni e nelle sue Laude s'in

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