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PROF. PELEO POCOSALE

Trent'anni d'insegnamento nel Ginnasio Inferiore di Lonza; cinquantanove e mezzo di regolare deglutizione e defecazione.

Celibe. Colletto alla De Amicis, falde nero-verdognole, cappello sodo, non divorziato dalla benzina.

La barba se la rade » da sè con la Gillette, ogni sabato. E assiduo compratore, tutte le mattine, sulla cantonata di Via Lupa (Punica spesa cotidiana di lusso) del Giornale d'Italia; e da quel foglio (vero pensatoio del medio ceto) vien messo al corrente in fatto di novità letterarie e riceve Pidee politiche, che sembran fatte a suo dosso.

Vive da cinque mesi a pensione (minestra, un piatto caldo e frutta la mattina, erbe e un piatto freddo la sera) presso l'intellettuale Signora Diomira Saltimbocca, vedova Doppiopetto.

E con lei (Punica donna che, da qualche tempo, gli mette addosso un non so che) s'intrattiene volentieri nel salottino giallo, detto il nido», a parlare di spiritismo e di poesia.

14.

NABORRE COLAFULMINI

REDATTORE-CAPO DEL « CORRIERE DI LOnza ».

Bollente cinquantacinquenne, oriundo del già Regno delle due Sicilie.

Aitante della persona, aspetto militaresco, colorito oliva

stro; capelli, baffi, fedine e mosca, tutto d'un bel colore morato chimicamente indelebile.

Radico-riformista, mostro d'eloquenza, penna rotta a tutte le schermaglie.

Da trent'anni è « sulla breccia ». Ha avuto duelli, processi, assoluzioni, apoteosi.

Oltre alla costante difesa dei puri ideali laico-democratici, ha sostenuto memorabili campagne «d' indole strettamente locale », come quella per la marca d'origine sui vini della regione e l'altra non meno celebre contro la rotatura a mano dei pozzi neri.

A Lonza è re. Nessuna amministrazione comunale può reggersi neppure un minuto secondo se non s'appoggia al « suo foglio ».

Quando ingaggia ingaggia » una polemica con qualcuno, l'avver sario ricorre inutilmente ai più rinomati astringenti. L'elezioni le fa lui; la pioggia e il bel tempo, a Lonza, li fa lui.

Tutti cercano prudentemente di non rimaner fulminati dall'elettrificato pennino del cav. Colafulmini.

La sua giornata laboriosissima non gli lascia un minuto di respiro; ora è mandato a chiamare dal prefetto, ora va a trovarlo «< in redazione» il comandante in capo dei vigili urbani, ora ha bisogno di certi schiarimenti » dal Primo Presidente del Tribunale, ora « deve portarsi », come cronista mondano, al ricevimento, seguito da thè danzante, presso l' intellettuale signora del R. Provveditore.

Nel giornale, naturalmente, fa tutto lui. Con una versatilità ed una « verve » davvero indiavolate, può passare dalParticolo di fondo al « soffietto », dalla « stroncatura» agli « asterischi », dalla critica teatrale alla politica estera o dai consigli dell'agronomo » per la coitura intensiva del meilone, alla campagna contro la minaccia di nuove mene confessionaliste che potessero eventualmente riaffacciarsi nel gerontocomio locale.

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Tutte le personalità italiane e straniere più in vista, capitate a Lonza, banno varcato la soglia di Don Naborre o sono state, per lo meno, intervistate da lui.

Il suo studio è come un piccolo museo di preziosi cimeli (alcuni dei quali bizzarrissimi) di celebrità vive e morte.

Egli racconta (per esempio) d'aver potuto ottenere da una signora, celeberrima nel mondo letterario e con la quale ha avuto per qualche tempo dei rapporti di natura piuttosto intima, una quartina autografa di Lorenzo Stecchetti, d'un erotismo talmente cantaridato che lo stesso iddio degli orti non potrebbe udirla senza velarsi replicatamente, per pudore, dalla testa ai piedi.

Possiede inoltre un fioretto ch'egli afferma essere appartenuto a Cavallotti e dal quale si vede pendere un cartellino con questa scritta: «Donatomi da Felice, durante la storica campagna contro Verre ».

Talvolta, dopo aver mostrato a qualche ospite una gran quantità di ricordi letterari e giornalistici, uno più importante dell'altro, esclama: Ed ora (dulcis in fundo) eccovi preparate due sorprese ghiottissime :

Vedete: questo (premette con tono solenne, aprendo un misterioso scatolino) questo è pelo pelo autentico di Giosuè Carducci; vale a dire tre riccioli fieramente ribelli della sua barba girondina, già donatimi, nel 98, da un parrucchiere del luogo, non appena il Poeta di Satana (qui di passaggio) si fu fatto diminuire l'onor del mento.

E quest'altro oggettino (lo tira fuori con religione da un astuccio) questo non so che» rilegato in oro, che forse non riuscite a decifrare..., ebbene: questo è una ritagliatura d'unghia dell'alluce destro dell' immortale filosofo del libero pen

siero Giovanni Bovio.

E se l'ospite si meraviglia, Naborre chiosa: « Strano? Non credo. Anche la religione della libertà ha le sue reliquie. La superstizione ha le sue e la libertà le sue; ed io ritengo che fra il preteso sangue d'un ipotetico San Gennaro e un pelo autentico del Leone Maremmano o un frammento d'unghia, non meno autentico, del Pensatore Partenopeo, per una persona dei nostri tempi, non debba esser dubbia la scelta!

15.

DIOMIRA DOPPIOPETTO

Nata Saltimbocca. Vedova pensionata del compianto signor Gelasio, già impiegato nella Ragioneria Centrale del Ministero delle Finanze.

Dopo la perdita dell'« idolatrato » consorte, dal quale (per cause delicatissime cui non è lecito alzare il velo) non ebbe figli, s'è ritirata in provincia.

Abita a Lonza, in Via Lupa, al n. 13, 3o piano, dove ha messo su una Pensione modesta ma decentissima, e nella quale, gelosa del proprio onore, non accoglie se non persone serie e prudenti e, solo per eccezione, qualche « divetta » del Caffè-Chantant li di faccia.

Rassegnata alla sorte che l'ha colpita, privandola ancor giovane (57 anni appena !) «della sua cara compagnia », non si concede altri svaghi se non un po' di cinematografo la domenica sera, insieme alla signora Cloe Codibugnoli, pigionale del 20 piano, coniugata senza figli col Vice-Direttore della Società Anonima per la Vuotatura Inodora.

E nondimeno (vedete come da per tutto s'insinua la calunnia) la donna di mezzo servizio della Signora Diomira, per vendicarsi d'essere stata messa alla porta, è andata a pispigliare all'orecchio della signora Cloe (e da ciò un subito raffreddamento fra le amiche) che la sua padrona, ogni quindici giorni e sempre alla stess'ora precisa, ha l'abitudine d'uscir di casa dalla porticina di dietro e d'avviarsi, misteriosamente, verso ignota destinazione....

SIGNORINA FIORENZA TIRUMMI

Di buona famiglia cioè padre ateo dottore e madre poetessa ebrea.

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Ha l'età dei « mannequins » delle vetrine; e la bellezza del diavolo»; si chiama da sè gamine e Claudine in realtà è demi-vierge e demi-putain. Vuol essere al corrente, anzi, come dice, « toujours à la page ».

esclama è un vec

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Anche la donna moderna » chiume dell'èra ibseniana: voglio essere la donna di domani, divinamente libera, la superfemmina che rifà l'eroe per diventar sua fattura.

Aspettando l' Eroe si fa sbaciucchiare e spettinare da un pianista cocainomane, da un professore di filologia classica, da un poeta neoclassico e da tre o quattro pinguini colla fascetta che ornano, insieme a lei, le sale da the, da ballo, da cinema e da conferenze della città di Lonza.

Io vivo per lo spirito, dice spesso, e consumo, attraverso i libri, tutte l'esperienze che non posso fare da me. Non legge che gli ultimi libri, delle più recenti celebrità, con particolare predilezione per i francesi. Ma è sempre, per quanto faccia, in ritardo d'una diecina d'anni: ora è appena a Colette, alla Contessa di Noailles e a Madame Aurel. Fra gli scrittori italiani dopo una breve cotta per Panzini e per Guido da Verona trova che l'unico leggibile è Pitigrilli: più distinto e spiritoso, afferma, di Mario Mariani.

Per mantenere alto il suo prestigio intellettuale si sta iniziando al relativismo con Adriano Tilgher, all idealismo

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