Ο NIGHTINGALE, that on yon bloomy spray Warblest at eve, when all the woods are still, Thou with fresh hope the lover's heart dost fill, While the jolly hours lead on propitious May. Thy liquid notes that close the eye of day, First heard before the shallow cuckoo's bill, Portend success in love; O if Jove's will Have link'd that amorous power to thy soft lay, Now timely sing, ere the rude bird of hate Foretell my hopeless doom in some grove nigh; As thou from year to year hast sung too late For my relief, yet hadst no reason why: Whether the Muse, or Love call thee his mate, Both them I serve, and of their train am I.
DONNA leggiadia il cui bel nome honora L'herbosa val di Rheno, e il nobil varco, Bene è colui d'ogni valore scarco Qual tuo spirto gentil non innamora,
Che dolcemente mostra si di fuora
5 close] Crashawe's Poems, The Weeper, st. xxiii. "Does day close his eyes?" Todd.
De sui atti soavi giamai parco, E i don', che son d'amor saette ed arco, La onde l' alta tua virtu s'infiora.
Quando tu vaga parli, o lieta canti Che mover possa duro alpestre legno Guardi ciascun a gli occhi, ed a gli orecchi
L'entrata, chi di te si truova indegno; Gratia sola di su gli vaglia, inanti Che'l disio amoroso al cuor s'invecchi.
QUAL in colle aspro, al imbrunir di sera L'avezza giovinetta pastorella Va bagnando l'herbetta strana e bella Che mal si spande a disusata spera Fuor di sua natia alma primavera, Cosi Amor meco insù la lingua snella Desta il fior novo di strania favella, Mentre io di te, vezzosamente altera, Canto, dal mio buon popol non inteso E'l bel Tamigi cangio col bel Arno. Amor lo volse, ed io a l'altrui peso Seppi ch'Amor cosa mai volse indarno. Deh! foss' il mio cuor lento e'l duro seno A chi pianta dal ciel si buon terreno.
1 imbrunir] Petrarch Canz. xxxvii. ' Imbrunir veggio la sera.' Bowle.
RIDONSI donne e giovani amoros M' accostandosi attorno, e perche scrivı, Perche tu scrivi in lingua ignota e strana Verseggiando d' amor, e come t'osi ? Dinne, se la tua speme sia mai vana, E de pensieri lo miglior t'arrivi; Cosi mi van burlando, altri rivi Altri lidi t'aspettan, ed altre onde Nelle cui verdi sponde Spuntati ad hor, ad hor a la tua chioma L'immortal guiderdon d' eterne frondi Perche alle spalle tue soverchia soma ?
Canzon dirotti, e tu per me rispondi Dice mia Donna, e'l suo dir, é il mio cuore Questa e lingua di cui si vanta Amore.
DIODATI, e te'l dirò con maraviglia,
Quel ritroso io ch'amor spreggiar soléa E de suoi lacci spesso mi ridéa
Gia caddi, ov'huom dabben talhor s'impiglia.
Ne treccie d'oro, ne guancia vermiglia
M'abbaglian sì, ma sotto nova idea
Pellegrina bellezza che'l cuor bea,
5 vermiglia] Tasso Aminta, act i. sc. 2, A le guancie vermiglie, come rosa; and Comus, 752, vermeil-tinctured lip.'
Portamenti alti honesti, e nelle ciglia Quel sereno fulgor d'amabil nero, Parole adorne di lingua piu d'una, E'l cantar che di mezzo l'hemispero Traviar ben puo la faticosa Luna,
E degli occhi suoi auventa si gran fuoco Che l'incerar gli orecchi mi fia poco.
PER certo i bei vostr' occhi, Donna mia Esser non puo che non sian lo mio sole Si mi percuoton forte, come ei suole Per l'arene di Libia chi s'invia,
Mentre un caldo vapor (ne sentì pria) Da quel lato si spinge ove mi duole, Che forse amanti nelle lor parole Chiaman sospir; io non so che si sia : Parte rinchiusa, e turbida si cela
Scosso mi il petto, e poi n'uscendo poco Quivi d' attorno o s'agghiaccia, o s'ingiela;
Ma quanto a gli occhi giunge a trovar loco Tutte le notti a me suol far piovose Finche mia Alba rivien colma di rose.
GIOVANE piano, e simplicette amante Poi che fuggir me stesso in dubbio sono,
Madonna a voi del mio cuor l'humil dono Farò divoto; io certo a prove tante
L'hebbi fedele, intrepido, costante, De pensieri leggiadro, accorto, e buono; Quando rugge il gran mondo, e scocca il tuono, S'arma di se, e d' intero diamante,
Tanto del forse, e d' invidia sicuro, Di timori, e speranze al popol use Quanto d'ingegno, e d'alto valor vago, E di cetra sonora, e delle muse: Sol troverete in tal parte men duro Ove Amor mise l'insanabil ago.
VII. ON HIS BEING ARRIVED TO THE AGE OF TWENTY-THREE.
How soon hath Time, the subtle thief of youth, Stol'n on his wing my three and twentieth year! My hasting days fly on with full career, But my late spring no bud or blossom show'th. Perhaps my semblance might deceive the truth, 5 That I to manhood am arriv'd so near, And inward ripeness doth much less appear, That some more timely-happy spirits indu'th. Yet be it less or more, or soon or slow,
It shall be still in strictest measure even To that same lot, however mean or high, Toward which Time leads me, and the will of HeaAll is, if I have grace to use it so, [ven. As ever in my great task-master's eye.
« ÀÌÀü°è¼Ó » |