D'empio difio, di scelerata insania
Di fcompiglj, e di guerra.
In quella guifa, Che con alto bollor risuona, e gonfia Un gran caldar, quand' ha di verghe a' fianchi Chi gli miniftra ogn' or foco maggiore, Quando l'onda piu ferve, e gorgogliando Piu rompe, piu fi volve, e fpuma, e verfa, E'l fuo negro vapor a l'aura efala.
Così Turno commoffo, à muover gli altri Si volge incontinente. E de' fuoi primi Altri al Re manda con la rotta pace, Ad altri l'apparecchio impon de l'arme Onde Italia difenda, onde i Trojani Sian d'Italia cacciati. Ed ei fi vanta Contra de' teucri, e contra de' latini Aver forze a baftanza. E ciò commeffo, E ne' fuoi voti i fuoi numi invocati; I rutoli infra loro a gara armando S'efortavan l'un l'altro: e tutti infieme Eran tratti da lui: chi per lui fteffo, (Che giovin' era amabile, e gentile) Chi per la nobiltà de'fuoi maggiori, E chi per la virtute, e per le prove Di lui vifte altre volte in altre guerre.
Mentre così de' fuoi Turno dispone
Gli animi, e l'armi; in altra parte Aletto Se'n vola a' teucri : e con nuov' arte apposta In fu la riva un loco, ove in campagna Correndo, e'nfidiando il bello Julo Segula le fere fuggitive in caccia. Qui di fubita rabbia i cani accese La virgo di Cocito, e per la traccia Gli mife tutti: onde fcopriro un cervo, Che fu poi di tumulto, di rottura,
guerra, e d'ogni mal prima cagione. Questo era un cervo manfueto, e vago Gia grande, e di gran corna, che divelto Da la fua madre, era nel gregge addotto Di Tirro, e de' fuoi figlj. Ed era Tirro Il cuftode maggior de' regj armenti, E de regj poderi. Ed egli stesso
L'avea nudrito, e fatto umile, e manfo. Silvia, una giovinetta fua figliuola L'avea per fuo traftullo, e con gran cura Di fior l'inghirlandava, il pettinava, Lo lavava fovente. Era a la menfa A lor d'intorno: e da lor tutti amava Effer pafciuto, e vezzeggiato, e tocco.
Errava per le felve a fuo diletto,
E da se stesso poi la sera a casa Come a proprio covil se ne tornaval Quel dì per avventura di lontano
Lungo il fiume venìa tra l'ombre, e l'onde, Da la fete schermendofi, e dal caldo. Quando d'Afcanio l'arrabbiate cagne Gli s'avventaro. Ed effo a farsi intefo D'un tale onore, e di tal preda acquisto Diede a l'arco di piglio, e faettollo. La Furia stessa gli drizzò la mano, E pinse il dardo sì, ch'a pieno il colse Ne l'un de' fianchi, e penetrogli a l'epa. Ferito, infanguinato, e con lo ftrale Il mefchinello, ne le cofte infiffo Al confueto albergo, entro a i prefepi Mugghiando, e lamentando si ritraffe. Ch'un lamentarfi, un dimandare aita D'uomo in guisa piu tosto, che di fera, Erano i mugghj, onde la casa empiea. Silvia lo vide in prima, e col fuo pianto, Col batter de le mani, e con le strida Moffe i villani a far turba, e tumulto.
Sta questa pefte per le macchie ascosa Tomo Secondo.
Di topi in guifa a razzolar la terra,
In ogni tempo sì, che d'ogni lato N'ufciron d'improvvifo, altri con pali, E con forche, e con bronchi aguzzi al foco; Altri con mazze nodorofe, e gravi, E tutti con quell'armi, ch'a ciascuno Fecer l'ira, e la fretta. Era per forte Tirro in quel punto ad una quercia intorno: E per forza di cogni, e di bipenne L'avea tronca, e fquarciata: onde affannoso, Di fudor pieno, fieramente ansando, Con la stessa ch'avea fecure in mano Corfe a le grida, e le mafnade accolfe. L'infernal Dea, ch'a la veletta ftava Di tutto che feguìa, veduto il tempo Accommodato al fuo penfier malvagio, Tofto nel maggior colmo se ne salse De la capanna: e con un corno a bocca Sonò de l'armi il pastorale accento. La spaventofa voce che n'uscìo, Dal tartaro fpiccoffi. E pria le felve Ne tremar tutte. Indi di mano in mano Di Nemo udilla, e di Diana il lago: Udilla de la Nera il bianco fiume,
E di Velino i fonti. E tal l'udiro,
Che ne ftrinser le madri i figlj in feno. A quella voce, e verfo quella parte Onde fentiffi, i contadini armati Comunque ebber tra via d'armi rincontro, Subitamente infieme s'adunaro.
Da l'altro lato i giovani trojani Al foccorfo d'Afcanio in campo usciro, Spiegar le schiere, misersi in battaglia, Vennero a l'armi sì, che non piu zuffa Sembrava di villani ; e non piu pali Avean per armi, ma forbiti ferri Serrati infieme, che dal fol percoffi Per le campagne, e fin fotto a le nubi Ne mandavano i lampi. In quella guisa, Che lieve al primo vento il mar s'increfpa, Poscia biancheggia, ondeggia, e gonfia, e frange, E cresce intanto, che da l'imo fondo Sorge fino a le ftelle. Almone il primo Figlio di Tirro primamente cadde In questa pugna. Ebbe di ftrale un colpo In fu la ftrozza, che la via col fangue Gli chiuse, e de la voce, e de la vita. Caddero intorno a lui molt' altri corpi
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