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ARLECCHINO

Tutti, sebbene invisibilmente, portiamo addosso il variopinto vestito d'Arlecchino. Le nostre idee, le nostre passioni, i nostri sogni, son toppe multicolori, mal cucite fra loro, che con gli anni si stingono, finchè tutto il vestito piglia il colore del grigio sudicio e si sbrindella e cade.

Allora non resta più che quell'altro vestito, di pelle e d'ossa, il quale un bel giorno s' intirizzisce nella morte. E allora soltanto, il cav. Deifobo Luciferini, nemico acerrimo d'ogni contraddizione, potrebbe legittimamente esclamare :

Ecco l'uomo che mi somiglia: l'uomo tutto d'un pezzc.!

ARLOTTO (IL PIOVANO) (1395-1483)

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Del piovano di San Cresci a Maciuoli, che meglio sarebbe riuscito buffone che prete, si raccontano molte storie, ma quella più filosofica, e ch'è restata nella lingua, è ch' e' sapesse leggere soltanto nel suo libro. Oggidì che gli uomini non sanno leggere in nessun libro, neppure in quelli che hanno scritto da sè dico leggere intendendo lo spirito, il senso, il valore il piovano sarebbe un miracolo vivente e una cisterna di sapienza. Quando poi si pensi che il libro in cui leggeva Arlotto Mainardi era, con grande probabilità, il Messale dov'è contenuto, a brani, tutto il Vangelo, - cioè l'unico libro che veramente bisogna saper leggere, intendere, meditare e seguire noi riteniamo il vecchio prete come infinitamente superiore a tutti i nostri moderni dotti che da centomila volumi sfogliati o saccheggiati non sanno, il più delle volte, che ricavare lo sbadiglio del nulla.

ARMENTO

Oggetto di disprezzo per l'uomo così detto superiore ed anche non di rado per l'imbecille, i quali, senza dubbio, debbono assomigliarsi, nell'assoluto, come due gocce d'acqua.

Ciascuna pecora umana, pretende più o meno d'uscir dal branco e di farsi, secondo i casi, lupo o pastore; ma in realtà è questione di abbandonare un armento per entrare in un altro.

La storia umana è formata d'armenti che si cozzano fra loro furiosamente (guerre civili e incivili), quasi sempre per questione di pascoli, e che vanno a finire tutti quanti nella morte, mentre altri che rappresenteranno la stessa scena, si affacciano alla vita..

Fra coloro che, non ammettendo questa fatalità, non volevano più armenti, c'era una volta l'on. Turati, attualmente pecora marcia del socialismo che fu. Egli, come ognun ricorda, sebbene non alludesse certo a se stesso, fieramente cantava :

« Come bruti d'un armento

siam sfruttati dai signor ».

E condivideva le proprie idee poetico-economico-rivoluzionarie con l'ex famosa Culiscioff, candida colomba russa, in un appartamento non precisamente da bruti, situato sopra i portici settentrionali di Piazza del Duomo, nell'ultraborghese Milan!

ARMI

« Arma virumque cano.... »

« L'armi qua l'armi;

combatterò, procomberò sol io;
dammi o ciel che in fuoco

agli italici petti il sangue mio ».

« La terra dei suoni dei canti e dei carmi
ritorni, qualera, la terra dell'armi.... »

I voti dei tre illustri poeti sono stati copiosamente esauditi; sono stati anzi così bene esauditi, che noi, di niente altro armati che d'armi spirituali, non sappiamo spiegarci per quale strana combinazione, ci troviamo ancora vivi, fra tanti armigeri.

ARMINIO

Avendo massacrate alcune legioni romane, per vendicare le ecatombi dei Cimbri, dei Teutoni e di altre orde germaniche, Arminio è l'eroe nazionale dei Tedeschi come Mario era l'eroe dei Romani, Gengiskan dei Tartari, Attila

degli Unni eccetera eccetera. Non c'è bisogno di aggiungere che si chiama eroe nazionale quel capitano fortunato e feroce che ammazza il maggior numero di uomini di un’altra nazione.

ARMISTIZIO

Tra la Chiesa e lo Stato vociava l'avvocato Pappagorgia in un comizio elettorale tra la sopravvivenza del medioevo e la celebrazione dello spirito moderno non vi può esser mai pace ma tutt'al più un armistizio. A quali patti ? — chiese una voce.

costume

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Risponderò colla massima chiarezza, com'è mio proseguì il valoroso avvocato. I patti son questi i cattolici appoggino lealmente lo Stato con tutte le loro forze e lo Stato, generosamente, continuerà a tollerare la loro fede, purchè rimanga strettamente nell'ambito dei luoghi destinati al culto. Soltanto su queste basi si potrà concludere un armistizio naturalmente provvisorio come tutti gli armistizi fino al giorno che lo Stato, veramente sovrano, non spazzerà dal suo seno tutte quelle credenze che traggono la loro ragion d'essere unicamente dall'antichità delle origini e dall'inerzia mentale delle

masse.

ARMODIO

Una sera d'inverno, del 1901, nell'elegante << fumoir »> del comm. Quattrostomachi cadde la conversazione, fra il padrone di casa e i propri convitati (che erano precisamente il prof. Mediani, il dott. Enteroclismi, l'avv. Pappagorgia con signora e il neo cavaliere del lavoro Narciso Francatrippa pure con Signora) sopra un argomento che se non era in quel momento della più palpitante attualità, ebbe il merito tuttavia d'accendere fra quei dotti d'ambo i sessi un'ampia e calorosa discussione.

Si trattava dunque di sapere se il delitto politico dovesse considerarsi alla stessa stregua d'ogni altro delitto, ovvero se, in certi casi, potesse esser degno di lode e in altri d'esecrazione.

All'elegante quesito, così bene impostato dal prof. Mediani, voleva risponder subito, con la solita foga, il dott. En

teroclismi; ma il comm. Quattrostomachi (che, nell'ora consacrata al chilo, si dilettava giornalmente di letteratura. in genere e di poesie in ispecie) con un gesto cortese quanto energico, lo interruppe e gli disse:

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Scusi un momento, dottore; prima di abbordare la questione che il prof. Mediani ha messo come suol dirsi sul tappeto, io sarei del parere, per deferenza al più illustre degli italiani, che è anche (si licet magna componere parvis) mio collega in Senato, di interpellare su questo importante soggetto, il famoso poeta di Satana, Giosuè Carducci.

E tolte da un piccolo scaffale (in cui figuravano, tra gli altri libri, il Conte di Monte Cristo e i Tre Moschettieri) le poesie complete del succitato autore, trovata la pagina che cercava, lesse :

Tal, salutando Armodio,
incoronar le cene
solea, tornata a cinica
egualitade Atene :
Fremean gli aerei portici
al canto, e Salamina,
rosea nel sole occiduo,
ridea da la marina.
Pensoso udia Trasibulo;
e, nel bel for degli anni,
la fronte radiavagli,
minaccia dei tiranni.

Oh, ancor nel mirto ascondere
convien le spade; ancora

l'antico e il nuovo obbrobrio
ci fede e ci addolora.

Gl' invitati, non escluso il prof. di belle lettere cav. Mediani, si guardarono in faccia come per dirsi: «O questa?». Ma il comm. Quattrostomachi, pronto, sfogliò qualche pagina del libro che teneva fra le mani e, trovato il punto, esclamò con aria di trionfo : « Capisco. Questi versi giovanili del mio illustre collega sono un po' oscuri; ma ecco qui una nota del poeta stesso che li chiarisce :

questa e nelle tre seguenti strofe (le quattro che vi

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ho lette) si accenna al glorioso scolio di Callistrato (Scolio disse, piano, il prof. Mediani al sig. Francatrippa, significa commento) che solevasi cantare dagli Ateniesi ne' conviti, a onore degli eroi della libertà Armodio e Aristogitone: incomincia << Entro un ramo di mirto la spada io vo' portare, come Armodio e Aristogitone, quando il tiranno uccisero e a leggi uguali Atene fecero ».

Già, disse il dott. Mediani, il nostro Enotrio vuol dire che Armodio e il suo compagno Aristogitone (come si legge nella storia greca) fecero benissimo ad ammazzare il tiranno per rivendicare la loro patria in libertà; ed in questo, non v' ha dubbio, io non posso non consentire di tutto

cuore; ma....

- Ma, non c'è ma che tenga (saltò su il dott. Enteroclismi scattando come una molla) il Carducci ha ragione; i tiranni, nemici del popolo e sostegno dei preti, vanno levati di mezzo; e Mario Rapisardi, leone dell' Etna, è ancora più esplicito. Udite:

....e su le regie teste scintilla muto

e scende, scende, scende, scende il pugnal di Bruto.

Coteste, permetta che così mi esprima, interloquì il Commendatore, sono esagerazioni belle e buone; non è vero disse rivolto all'avv. Pappagorgia.

- Certo, rispose l' interrogato; per quanto io sia tendenzialmente repubblicano, pure debbo distinguere fra re e re; le generalizzazioni non son mai eque.

Sarebbe a dire ? domandò candidamente Francatrippa, che non aveva capito il significato dell'ultima parola. Ecco, le spiegherò: (gli rispose con un sorriso leggermente ironico l'avvocato) vi sono re assoluti e tirannici e re squisitamente democratici; perciò il pugnale rapisardiano che scende scende scende e non finisce mai di scendere su tutte indistintamente le teste coronate mi sembra, caro signor Enteroclismi, un po' troppo retorico.

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Già, s'intende bene: voi che appartenete alla nuova generazione, urlò il dottore, siete gente morbida, perdio! e con la scusa di non voler esser retorici....

Ma diamogli un taglio, via (interruppe Francatrippa)

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