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Gli torna questo ragionamento? E, se caso mai un gli tornasse, la un sa i' che l'ha fare?

L'ha fare i' che la vole »>.

E inutile dire che al povero parroco non rimase che pentirsi della propria ingenuità.

AVVENTURIERE

C'erano, nel Medio Evo, i soldati di ventura e i cavalieri di ventura quelli a soldo dei principi, i secondi agli ordini dei santi e d'Iddio. Poi nel secolo dei Lumi fiorirono gli avventurieri de' quali Cagliostro fu l'Amadigi e Casanova l'Ariosto ma erano, agli occhi dei sedentari, eccezioni. Dopo la Grande Avventura del 1789 non si videro che avventurieri: un avvocatuccio diventò ghigliottinatore della Francia, un tenentino còrso il padrone dell'Europa, il figliolo d'un macellaro re di Svezia, un profugo marxista il despota della Russia.

L'uomo che prende moglie, che procrea figlioli, che fabbrica una casa, che scrive un libro, è oggi il più arrischiato degli avventurieri perchè le leggi di quaggiù son così rotte, le difficoltà tanto cresciute, le sorprese moltiplicate, che ben per lui se non morirà di fame o di vergogna prima d'esser giunto a mezza strada.

AVVERSARIO

L'« antico avversario», l'avversario per eccellenza di tutti i cristiani, era uno de' nomi del Diavolo. I moderni, dolci di cuore e che non vogliono aver nemici, hanno fatto pace anche con lui : : una pace così leale e perpetua che il Demonio è divenuto a poco a poco l'amico di casa della maggior parte delle famiglie.

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AVVILIRE

Chi riesce meglio ad avvilire? Lo stato, il mondo moderno, risponde Péguy: «Avilir est son instinct le plus profond. Quand il avilit, quoi que ce soit, très profondement mais très surement il se sent bien dans la voie de sa destination.... Le monde moderne avilit.... D'autres mon

des idéalisaient ou matérialisaient, bâtissaient ou démolissaient, faisaient de la justice ou faisaient de la force, d'autres mondes faisaient des cités, des communautés, des hommes ou des dieux. Le monde moderne avilit. C'est sa spécialité. Je dirais presque que c'est son métier s'il ne fallait pas respecter au dessus de tout ce beau nom de métier. Quand le monde moderne avilit, mettons que c'est alors qu'il travaille de sa partie ».

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L'avv. Pappagorgia, nato a Bagoghi in quel di Lonza, dimostrò fin dalla più tenera infanzia una spiccata disposizione all'eloquenza; egli non ancor settenne e già orgoglio dei propri genitori si dice che tenesse a' coetanei del luogo fanciullesche, sì, ma impressionanti concioni.

Poi fu mandato al ginnasio, superò il liceo, ascese all' Università; sostenne nella tesi di laurea la necessità del divorzio, in una tesina di diritto costituzionale espresse il giudizioso parere che il re, in omaggio ai principi democratici, dovesse vestire costantemente in borghese; e in un'altra tesina di medicina legale dimostrò, con argomenti ineccepibili, che in certi casi la religione influisce sinistramente sulla delinquenza.

In pretura, in tribunale, e in assise, passò di trionfo in trionfo. Sotto la sua parola smagliante, il bianco diventava nero e viceversa. I giurati pendevano attoniti dalla sua bocca; e i delinquenti, assolti, continuavano con più zelo nella loro proficua carriera.

L'avvenire dell'avv. Pappagorgia si dispiegava con i colori più rosei. Un bel giorno (era fatale !) debuttò contemporaneamente in politica e in letteratura; in letteratura con un volumetto di versi intitolato Ciclamini; in politica presentandosi candidato di parte democratica nel collegio di Roccabicocca: due strepitose vittorie. Bagoghi, sua patria, gli apprestò festeggiamenti solenni; nel banchetto che fu dato in suo onore egli parlò, raggiungendo (come ben disse il giornale locale) il più alto diapason dell'eloquenza e facendo pianger tutti dalla commozione. Disse tra

l'altre cose che si sentiva orgoglioso d'esser bagoghiano e italiano; che si sarebbe adoperato per illustrare con l' ingegno largitogli da madre natura Bagoghi e l'Italia; che grandi battaglie lo aspettavano nella stampa, nel parlamento e nel fòro; e concluse col dimostrare che Bagoghi era il fiore dell'Italia, e che l'Italia, terra di Giordano Bruno e di Dante, era il giardino del mondo.

La sera, in paese, ci fu concerto vocale e strumentale e illuminazione alla Fantappiè.

Tre anni dopo, l'avv. Pappagorgia, già comproprietario d'un giornale e azionista di diverse banche, fu incaricato da Sua Maestà, in momenti difficilissimi, di formare un ministero di conciliazione, dal quale si aspettava la salvezza della patria.

E l'illustre bagoghiano Pappagorgia, abilissimamente, e quasi di sottogamba, la salvò.

AZEGLIO (MASSIMO D') (1798-1866)

Creatore della celeberrima frase: L' Italia è fatta, ora bisogna far gl' Italiani.

Per offrire un modello adeguato per questa fabbricazione scrisse i propri Ricordi, nei quali si manifesta simile a quei grandi Italiani del Rinascimento che furono, come dicono i professori di liceo, multanimi e poliedrici. Il nostro Massimo, difatti, come uomo di stato voleva espellere dal Piemonte i rifugiati del '48 e promosse con le leggi Siccardi la lotta contro la Chiesa; come pittore dipinse la Sfida di Barletta e come letterato sposò una figliola di Alessandro Manzoni.

AZIENDA

Un giorno al sig. Teofilo Panciadoro (persona religiosa e facoltoso esercente) fu raccontato da qualcuno che San Francesco (figlio d'un rinomato mercante di pannine) nonostante tutta la sua santità, non si peritò di rubare (diciamo rubare) diverse stoffe dal negozio paterno, per restaurare col ricavato delle medesime una chiesa in rovina. Non solo, ma che in seguito, essendosi messo a fare, per amor di Cristo (bell'amore!) ogni specie di mistiche pazzie, finì

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col gittare il discredito perfino sull'azienda già felicemente gestita dal suo disgraziato genitore, la quale, sebbene la storia non lo dica, è supponibile che andasse a rotoli.

Sul primo, di fronte a tali notizie, il nostro religioso Panciadoro rimase incredulo; ma poi dovè pur troppo convincersi che quella era la pura e semplice verità.

E allora, pensando con raccapriccio che la propria azienda gli potesse venir rovinata da un figlio della risma di San Francesco, non potè fare a meno d'esclamare: « Se la cosa sta proprio in questo modo, io mi formalizzo altamente che la Chiesa non si vergogni di certi santi ! ».

AZIONE DIRETTA

Certe volte (sebbene di rado) ci si contenta dell' « azione dimostrativa », cert'altre si passa dall'azione dimostrativa all'azione diretta; ma più spesso, sempre più spesso (finchè prestissimo sparirà qualunque eccezione) l'azione diretta non soffre ostacoli. Fra poco, un secondo prima dell'azione, non ci sentiremo più dire: « ti rompo il muso», ma ci troveremo fulmineamente col muso rotto, e non avremo neppure la modestissima consolazione di sapere nè il perchè nè da chi.

L'educazione fisica ha sorpassato gloriosamente qualunque più rosea aspettativa.

Tanto che, d'ora in avanti, soltanto a mettere il piede fuori dell'uscio, c'è il caso d'aver l'onore d'essere educatamente ammazzati, per puro sport.

AZIONISTA

L'azionista è, insieme all'assiduo, all'elettore, al contribuente, al cavaliere uno dei personaggi più diffusi della grande atellana del nostro secolo. L'azionista, contrariamente a quel che potrebbe immaginare il volgo profano, non fa nessun'azione ma si contenta di tenere chiuse le sue azioni e di recarsi ogni anno a riscuotere quello che hanno prodotto, grazie al lavoro di altri uomini che compiono azioni penose e faticose per otto ore del giorno.

AZTECHI

Famoso popolo morto, che dopo aver conquistato il Messico, fu, a sua volta conquistato e sterminato dagli spagnuoli.

Molte cose si raccontano e si conservano degli Aztechi perfino monumenti e inni. Ma nulla merita d'esser ricordato più del mito dei Quattro Soli.

Gli Dei, secondo gli Aztechi, crearono un dopo l'altro quattro mondi illuminati da quattro differenti soli. Sotto il regno del primo sole, Chalchiuhtonatiuh (sole di gemma) venne una specie di diluvio e gli uomini che non affogarono furon cangiati in pesci; sotto il secondo, Tletonatiub (sole di fuoco) gli uomini miserabili si nutrivan di gramigna e una pioggia di fuoco li distrusse e li trasformò in cani e galline; sotto il terzo, rohualtonatiuh (sole di tenebre) gli uomini mangiavano la pece e furono sterminati dalle belve e dai terremoti; sotto il quarto, Ehecatonatiuh (sole del vento) gli uomini campavan di frutti ma furon distrutti dalle tempeste e trasformati in scimmie.

Cortez, nel 1521, mise un termine alla civiltà azteca e non sapremo mai com'essi avrebbero concepito il quinto sole, cioè quello che regna oggi. Uno degli ultimi discendenti di Motecuzoma, che vive ancora in Cuernovaca nel Messico, ci confidava che il nostro sole è detto Sole di sangue, che gli uomini di questa epoca si nutrono di carne e di merda umana e che diventeranno, fra non molto, iene e Scarabei. (1)

AZZECCAGARBUGLI

a me è

- Il signor Alessandro Manzoni — diceva un giorno In un crocchio autorevole l'avv. Pappagorgia sempre andato poco a genio. Dicono che scrive bene; sarà ma quello stile freddino freddino, con quei risolini un po' scemi e un po' maligni, mi svaga poco: non c'è uoco, non c'è nerbo, non c'è quella lussureggiante doviia d'immagini che renderà preziosa nei secoli la prosa

(1) W. LEHMANN. Tradizioni degli antichi messicani (Joural de la Soc. des Americanistes de Paris, 1906, pp. 209-29).

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