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signorile, e direi quasi imperiale, del nostro Gabriele. Eppoi quell'untuosità cristiana, quei preti e frati che fanno tutte le carte loro, e quella supina rassegnazione che il mio maestro Carducci bollò col marchio infuocato del suo giusto disdegno, son tante ragioni che me lo rendono antipatico. Ma c' è di più. Quel collotorto ha offeso profondamente la dignità professionale della classe alla quale mi onoro di appartenere. È ormai pacifico che la figura dell'Azzeccagarbugli vorrebbe essere una satira degli avvocati e dell'avvocatura. Il signor Manzoni si permette d'insinuare che gli avvocati si lasciano imporre dal grado sociale e dalle condizioni di coloro contro i quali dovrebbero brandire le armi della giustizia. Respingo con tutte le mie forze la turpe calunnia. Io non ho mai restituito a nessun contadino nessun paio di capponi e se il mio cliente è pronto a soddisfare il mio onorario io son pronto a difenderlo, anche se ha torto, e a difenderlo contro tutti, anche se l'avversario fosse, putacaso, il sindaco o il priore!

AZZURRO

La domenica, dopo aver digerito il pranzo più succulento del solito con l'aiuto di sfiatamenti orali ed anali, il bottegaio esce di casa, si avvia verso i giardini pubblici, dove sorgono i monumenti degli eroi pubblici e si aggirano le donne pubbliche, guarda il cielo ed esclama :

Com' è bello l'azzurro ! Se non avessi preso la carriera del commercio quasi quasi avrei preso quella della poesia!

B

BAAL

Uno de' nomi assiri d' Iddio: voleva dire, in lor lingua, «padrone » non padre.

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Gli Ebrei più volte lasciarono il Padre per il Padrone o i Padroni, perchè molti erano i baalim. Furon puniti, e più atrocemente quando uccisero il Figlio del Padre. Tutte le volte che i popoli non vogliono essere figli dell'unico Padre diventano servitori, e bastonati, dei molti Padroni «il cui regno è di questa terra ».

BABBO

Esisteva, insieme con la mamma e i figli, quando esisteva la famiglia, al tempo dei comandamenti di Dio. Oggi, che comanda il Diavolo, il matrimonio s'è trasformato in un contratto e la famiglia, che ne deriva, è una società i cui membri possono unirsi e separarsi a seconda degli interessi e delle passioni.

È naturale quindi che, in una tale società, mentre colui che si chiamava babbo è il semplice socio capitalista, colei che si chiamava mamma e coloro che si chiamavano figli non siano che i comodi soci consumatori.

Talvolta, quando l'una e gli altri hanno consumato abbastanza, la società si scioglie.

Colei che si chiamava mamma, va in cerca d'un altro socio; coloro che si chiamavano figli son messi in un istituto, se piccoli, vanno a fare i delinquenti per il mondo se grandi; e colui che si chiamava babbo si consola della propria bancarotta come può.

Quadro, come ognun vede, attraentissimo.

BABBUINO

Scimmia cinocefala, con pelo giallo-scuro-verdiccio,

faccia biancastra.

Il suo nome par che derivi dal latino Babbius, sciocco, a cagione dei suoi sciocchissimi lazzi.

E, tra le scimmie, la più brutta, la più oscena e la più maligna: impossibile, dunque, non identificarla col « glorioso patriarca di Ferney! ».

ᏴᎪᏴᎬᏞᎬ

La torre di Babele rimase in tronco ma la confusione delle lingue va crescendo di settimana in settimana : nè i popoli nè gli uomini s' intendon più. Gli stampatori s'affannano a metter fuori vocabolari poliglotti, ma ognuno storce le parole e le lingue sono coagulamenti di gerghi anarchici. Invadere una regione inerme significa difendere il diritto; spendere cento per riscuotere venticinque si chiama amministrare; mettere insieme delle filastrocche di astrazioni senza senso vuol dire aver messo il piede sull'ultima Thule della filosofia; accozzare parole senza legame e costrutto vuol dire far poesia e via di seguito.

Al cielo, si arriva lo stesso anche senza torri! gridano gli aviatori.

BABILONIA

Capitale dell'Asia antichissima, che conquistò e fu conquistata, distrusse e fu distrutta, come tutte le capitali e le nazioni del mondo. Babilonia furon chiamate via via le altre metropoli famose per la superbia e il vizio: Roma, Parigi, Berlino, Londra.

Ma tra queste e la prima vera Babilonia una differenza profonda c'è che non possiamo tacere: a Babilonia gli Ebrei furon portati come schiavi e prigionieri; nell'altre Babilonie gli ebrei sono i padroni dei re.

BACALARO

Così vien chiamato, a Firenze, il servitore dei fiaccherai. Mi ricordo ancora di quello che, trentacinquanni addietro, faceva il proprio mestiere in Piazza San Marco.

Era un cenciume semovente d'età indefinibile, lungo, secco, malaticcio, quasi afono.

Io l'osservavo, dalla finestra: e lo vedevo andare su e giù per il marciapiede, lungo la fila delle carrozze, ora con la balla del fieno, ora col bigonciolo dell'acqua, ora con la granata di scopa con la quale spazzava le porcherie dei cavalli.

Aveva una giacchetta verde-gialla sdrucita sulla schiena con le maniche rimboccate sui polsi e le tasche gonfie chi sa di che; portava in capo un cappello unto, a grondaia; e i piedi che gli uscivan fuori dai pantaloni sbrindellati, invece che dalle scarpe eran calzati da un par di zoccoli. A vederlo camminare tutto slogato faceva pietà.

Quando lo chiamavano, e lui doveva rispondere da lontano, pareva che, a metter fuori quella po' di voce che gli era rimasta, gli si strappasse dentro qualche membrana.

Non si fermava mai; se qualche signore accennava di volere una vettura, toglieva la balla del fieno dalla testa del cavallo, gli metteva la briglia, e appena il signore era montato in carrozza, lui richiudeva lo sportello e salutava, a capo scoperto, senza chieder nulla.

Mentre lavorava tossiva; e se fra un colpo e l'altro di tosse bestemmiava senza arrabbiarsi, le bestemmie per la fiocaggine gli rimanevano appastate in gola.

La sua faccia insudiciata da una barba vana e biondiccia aveva preso il colore dell'orina dei cavalli; e mi rammento che, quando uscivo di casa e dovevo passargli accanto, mi pareva che puzzasse d'ospedale e di stalla.

Un giorno, affacciatomi alla finestra, non lo vidi; così il giorno dopo; così per una settimana di seguito.

Poi, una sera, mentre il lampionaio, con la pertica, accendeva il fanale sulla cantonata, passò un carro funebre di terza classe; sul carro, senza croce, c'era una camicia rossa da garibaldino; e dietro, fra le quattro o cinque

persone che l'accompagnavano, due fiaccherai con la tuba sulle ventitré.

La mia padrona mi disse: È il bacalaro di giù.

BACCELLI ALFREDO (1863)

Figlio di Guido medico, letterato e ministro, ci ha lasciato fortunatamente le sue memorie di fanciullezza (in Roux, Illustri Italiani Contemporanei, v. I, p. II, 238-249). Dalle quali si apprende che assunse fin da piccino « abitudini di serietà »; che un vecchio signore « guardandomi negli occhi, che spesso rimanevano estatici come a seguire un'immagine invisibile, una volta mi disse: Bimbo mio, tu sarai poeta ». Profezia la quale ognun vede come si sia avverata: basta leggere Diva Natura o Iride Umana o qualunque altro de' registri lirici del già sottosegretario per l'Agricoltura, Industria e Commercio.

Dalle suddette memorie si apprende altresì che da fanciullo difese con immaginarie e private arringhe il suo cuoco arrestato che il 20 settembre 1870, rimasto solo in casa, si mise a piangere dalla paura, ma dopo partecipò al generale entusiasmo con una bandieretta tricolore da lui medesimo composta; che leggeva con somma soddisfazione le opere di Alessandro Dumas e di Giulio Verne; che fu sempre il « primo della classe » in tutte le scuole, che scrisse a dodici anni un romanzo storico, a quattordici un romanzo fantastico, a quindici un romanzo sentimentale; che amò in quei medesimi anni una bruna fanciulla a San Vito e una bionda giovinetta a Livorno; che schiaffeggiò Pietro Sbarbaro per difendere l'onore dei suoi genitori e finalmente che ebbe la medaglia d'oro della licenza d'onore. E il poeta conclude: «non ci si deve mai avvilire: avanti sempre, forti nella propria coscienza; il giorno della giustizia spunterà ». Difatti, se non si sbaglia, è già spuntato: Baccelli Alfredo non conta più nulla a Montecitorio e men che nulla nella letteratura italiana.

BACCELLI (SESTO CAIO)

Libro eterno perchè libro del tempo. Arriva tutti gli anni, alla fin del dicembre, coi capponi e i panforti, pun

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