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di quella dei duomi e dei palazzi. Dormi tranquilla, dorm in pace, non ti svegliare: meglio è che tu non riveda più il chiaro mondo che conoscesti bambina. Tutto è mutato e imbruttito: non c'è più posto per te e l' Omo Salvatico fa buona guardia nella tua selva perchè nessuno ti desti. E d'altra parte, di secolo in secolo, il pericolo scema: non ci son più re, nè figli di re, e neppur cavalieri erranti nè crociati nè paladini. Non ci sono che cavalieri della Corona d'Italia; che crociati del Partito Popolare e paladini della libertà e della giustizia. E tutti costoro non pensano certo a svegliar fanciulle; ma si divertono, all'usanza dei Lotofagi, ad addormentare quel che resta delle loro anime miserande con bottiglie di zozza o con trattati di economia politica.

BELLA E LA BESTIA

Le novelle delle fate sono, come sa ogni persona di testa sana, assai più profonde della Critica della Ragion pura e della Fenomenologia dello spirito. Il significato della Bella e la Bestia è che l'amore fa diventar bella anche la più orrida bruttezza. Non apparire (come si dice volgarmente del cieco amore) ma diventare. L'unica via, dunque, per far diventar belli (moralmente) gli uomini è di amarli: l' Evangelo di Cristo, e non quello di Ruskin, è il vero Evangelo della Bellezza.

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Buon pensiero in versi mediocri - resi più uggiosi dall'uso ed abuso che ne fanno i riveriti reverendi e i giornalisti giornalieri nelle prediche e negli articoli, ogni qualvolta un massone dormente si dimette dalla Giordano Bruno, quando è per addormentarsi nell'ultimo sonno, o quando il figliolo della levatrice si degna di partecipare, in piedi,

alla messa.

BELLARMINO ROBERTO (1542-1621)

Gesuita, arcivescovo, cardinale, apostolo e dottore : Benedetto XV pubblicò nel 1920 il decreto che riconosceva le sue virtù eroiche.

Scrisse tra molte altre opere quella famosa Dichiarazione più copiosa della dottrina cristiana (1603) che fu tradotta in una trentina di lingue (anche in caldeo) e che può giovare anche oggi a coloro che vogliono conoscere e difendere le verità cattoliche.

BELLEROFONTE

Si legge, in certi libri che non si leggono, come questo eteroclito personaggio fosse mandato da un tale a un tal altro (due tiranni, certamente, di quei tempi senza un briciolo di libertà) con una lettera ben sigillata, nella quale c'era scritto: «Caro amico, fammi il piacere (e bada bene di non dirmi di no, perchè altrimenti si guasterebbe l'amicizia) di far tagliare il capo prima che subito (e il perchè te lo tirò dopo) al latore di questo foglio. Sicuro che non mi vorrai scontentare per una bagattella come questa, ti ringrazio anticipatamente. Ciao Tonin! E tutte le volte che avrai bisogno di me, per qualche operazione del genere, comanda pure ».

Ma il Tiranno (che non era proprio di quelli che pasteggiavano col sangue di creature) letta la lettera pensò che a far segare il cannon della gola a quel povero latore ci avrebbe avuto di coscienza; e allora fece: Ehi, galantomo, sapete che c' è scritto qui? Dice che siete un omo di gran coraggio e che sareste feto di lottarvi con cento fiere rafforzate da mille diavoli; è egli vero? Bellerofonte, solleticato nell'amor proprio, fa la bocca da ridere : « Modestia a parte, Vostra Eccellenza è pregata a credere che il sottoscritto a cento fiere e mille diavoli fa batter le gambe nel culo se tira un peto!».

Me lo figuravo, risponde tutto contento il tiranno; e allora si vede proprio che vi piove il cacio sui maccheroni. Ecco: Si tratta dunque di far questo, questo, questo, e poi, così per ispruzzolo, anche quest'altro. Eh, che ne dite, quell'omino? Vi pare che vi c'entri l'occhio ? Son cose

un po' pericolose, ne convengo, ma per un fegataccio đô

me voi....

Non c'è bisogno di pigliar tanto in giro, risponde stizzito Bellerofonte; questa è la mano: e dopo avergliela quasi slogata dalla stretta che gli dette, s'allontanò a gran passi, come se avesse voluto inghiottire in un boccone le cinque parti del mondo.

E il Tiranno, soddisfatto, perchè credeva d'aver preso i due proverbiali piccioni alla stessa fava, badava a dire: « Vď, va', biondino mio, che tu va' bene! ».

Ma Bellerofonte andò bene davvero; andò anzi tanto bene (finchè non andò male !) che dopo aver superato tutte quelle terribili prove senza che gli si rizzasse neppure un capello, o arricciolasse un pelo, incominciò superbamente a gonfiarsi come la rana d' Esopo e diceva: «O`sta' a vedi veh, che ora ne fo una di mio che le sorpassa tutte! » E avendo architettato il suo bravo piano, rimuginava la maniera di mandarlo ad effetto.

Quand'eccoti (chi glie l'aveva detto?) si volta all'improvviso.... e che ti vede ? L' Ippogrifo: una bestiaccia venuta da certi luoghi fuor della carta geografica, mezzo aquila e mezzo cavallo, alla quale gli fa: «fermati, o ti brucio le cervella»; e quella, fermatasi, Bellerofonte gli salta in groppa e gli grida: Ih! E Bellerofonte e la bestia alata in un battibaleno son più su delle nuvole.

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Lo dicevo io grida Bellerofonte volando verso il sole - che mi sarebbe riuscito, picchia e mena, di mangiar la pappa in capo all' Egioco Giove!» Ih! ih! ih! E batteva furiosamente i calcagni sulla pancia dell' Ippogrifo che risonava come un tamburo.

Ma un tafano.... proprio, pare impossibile, per via d'uno spregevole tafano che andò a ficcarsi un dito sotto la coda della bestia volante, questa, spiccata una coppia di calci alla traditora.... Giù precipitosamente a gambe ritte, il povero Bellerofonte, buca tutte le nuvole, finchè, battendo in terra l'inevitabile pattona, fa: Plumff! e non ci rimane neppur la polvere.

Il Lettore: Embè!

Voce (da dentro un macchione) dell'Omo Salvatico :

Embè che cosa? Medita sul tafano, muso di micco, chè questa favola da ragazzi può far del bene anche a te!

Artistica:

ᏴᎬᏞᏞᎬᏃᏃᎪ

La nuova Camera dei Deputati.
La musica di Puccini.

I «< villini » di Viareggio.
I monumenti vespasiani.
La scultura d'Archipenko.
L'Esposizioni di Bragaglia.
Il Cimitero di Staglieno
Letteraria:

I romanzi di Pitigrilli.
Le Ali di Sem Benelli.

L'opera omnia di Giovanni Bertacchi.

Le liriche del Baccelli.

Le sestine del suo Omonimo.
Il Randagio.

Morale:

L'ebbrezze della cocaina.

Gl' insegnamenti del Cinematografo.
L'indennità parlamentare.

La moda « dernier cri »>.
L'evoluzione della famiglia.

La bestemmia universale.

BELLI GIOACCHINO (1791-1863)

Impiegato del Papa; commesso del deposito della carta bollata e da ultimo capo della corrispondenza nella Direzione del debito pubblico.

Scrisse, incoraggiato dal Porta, centinaia di sonetti romaneschi dove vuol rappresentare i costumi e i pensieri dei popolani di Roma e non risparmiò nè preti nè papi. Si scusava col dire che ricopiava i discorsi altrui, anche senza approvarli << Non casta scriveva a un'amico non religiosa talvolta, sebbene devota e superstiziosa, ap

parirà la materia e la forma; ma il popolo è questo; e questo io ricopio, non per dare un modello, ma sì una traduzione di cosa già esistente, e, più, lasciata senza miglioramento». Scusa che persuade poco perchè un credente non fa collezione di bestemmie e un casto di stampe oscene. Quando nel 1861 il principe Luigi Luciano Bonaparte voleva che voltasse in romanesco il Vangelo di San Matteo si rifiutò perchè, rispose, « questa lingua abietta e buffona.... appena riuscirebbe ad altro che ad una irriverenza verso i sacri volumi ».

Negli ultimi anni tornò alla religione e pensò anche dị bruciare le sue poesie - molte delle quali scritte per schernire coloro che gli davano il pane.

BELLICO

Gli operosi - o agitati - nostri contemporanei non hanno abbastanza scherno e riso per i famosi monaci del Monte Athos che passan la vita, a quanto raccontano gli eroici esploratori, a guardarsi il bellico. Essi ammirano, invece, sotto il nome di «lions », di « conquistatori », di << hommes à femmes », di « Don Giovanni» ecc., tutti quei rivali del toro e del mandrillo che passan la vita a guardarsi un po' più giù del bellico.

BELLINI VINCENZO (1801-1835)

Scriveva il Tommaseo da Parigi al Capponi nel '35: << Il Bellini, gentil giovanetto, ma stupido come un sonatore, è morto in casa d'un inglese, della cui moglie od amica era amico. La calunnia, sempre stupida, lo dice avvelenato; dice che sessantamila franchi e' doveva avere, e non glie ne trovarono se non trentamila ». Quest'ultimo « si dice » non era calunnia, nè il fatto che morisse del troppo corrisposto amore della signora Lewis. Così malamente finiva, a trentaquattr'anni soli, il divino musico della Norma: l'unico italiano, nel patetico, che pareggi Bee

thoven.

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