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Idee: «Questione sociale? Mi fanno ridere! Io mi son fatto d'una ragione che il povero e il ricco c'è stato sempre e che quando c'è la salute c'è tutto; e perciò quando mi capita in bottega un di quest'accattoni giramondi senza voglia di lavorare, invece di fargli l'elemosina, se non fa lesto a scappare gli tiro dietro le bilance.

« Sovversivi? Ma che sovversivi d'Egitto! Date carta bianca alla «benemerita », e vi garantisco che, dopo una settimana, non se ne parla più.

« Preti? Eccolo il baco! Questa è la vera pietra dello scandalo! Ma credete proprio che i preti gli abbia creati Iddio, come noi? Ebbene: io vi posso assicurare, perchè l ho letto nella storia, che questi birbaccioni si son creati da sè.

« Certo, davanti a Dio, io mi metto (non mi vergogno a dirlo) rispettosamente sugli attenti. Dio esiste; e mi pare, se non mi sbaglio, che l'abbia lasciato detto anche Giuseppe Garibaldi. Ma non mi parlate dei preti che sono i nemici della patria e la rovina della società.

« Dio e Popolo, diceva Vittorio Emanuele II, quando, per la festa del XX settembre, entrò in Roma; e questa è l'unica religione professata dai veri italiani e da tutti i galantomini ».

Senonchè il bollente ex Maresciallo Bellachiorba (tanto più fedele alla religione di Vittorio Emanuele II, quanto più nemico dei preti) essendo coniugato con la signora Merenziana, distinta poetessa e insieme fervente cattolica, non ha potuto ottener mai da quest'ultima che rinunziasse a dedicare tutti gli anni al quaresimalista del luogo un ispirato «< sonetto» (sempre lo stesso), il cui candidissimo primo verso suona delicatamente così:

Io di Bagoghi timidetta Saffo.... ecc. ecc.

12.

NARCISO FRANCATRIPPA

Esordi come garzone macellaro; poi, con le prime mille lire, «tentò il giro dei suini»; poi « mollò qualche foglio ad interesse» e infine, tutta un tratto, aprì una pizzicheria a Bagoghi, che ancora se ne parla.

Oggi n' ha dieci a Lonza; è Cavaliere del Lavoro, Assessore Comunale alle Finanze, e, vestito di pelle di bestia, rutteggia per tutte le strade con la tromba ritorta d'una «60 H.P. », e si scarrozza a fianco i 95 chili, all incirca, della « sua Signora ».

Questa (una vecchia conoscenza di quando lui rigirava in maiale e bazzicava certi locali che ci s'intende) l'onesto Narciso la « riabilitò », impalmandola, non appena «si fu fatta una posizione ».

Durante la guerra anche i Francätrippa (non inferiori per patriottismo a nessuno) combatterono accanitamente: Lei come angelica samaritana, Lui come guerriero requisitore.

Ed ecco perchè la signora porta in mostra sul petto i nastrini delle sue campagne, e Narciso, talvolta, senza spiegarsi troppo, racconta: «Quando nei giorni di Caporetto indossavo la divisa.... ».

PROF. PELEO POCOSALE

Trent'anni d'insegnamento nel Ginnasio Inferiore di Lonza; cinquantanove e mezzo di regolare deglutizione e defecazione.

Celibe. Colletto alla De Amicis, falde nero-verdognole, cappello sodo, non divorziato dalla benzina.

La barba « se la rade » da sè con la Gillette, ogni sabato. E assiduo compratore, tutte le mattine, sulla cantonata di Via Lupa (l'unica spesa cotidiana di lusso) del Giornale d'Italia; e da quel foglio (vero pensatoio del medio ceto) vien messo al corrente in fatto di novità letterarie e riceve l'idee politiche, che sembran fatte a suo dosso.

Vive da cinque mesi a pensione (minestra, un piatto caldo e frutta la mattina, erbe e un piatto freddo la sera) presso l'intellettuale Signora Diomira Saltimbocca, vedova Doppio petto.

E con lei (Punica donna che, da qualche tempo, gli mette addosso un non so che) s'intrattiene volentieri nel salottino giallo, detto il nido », a parlare di spiritismo e di poesia.

14.

NABORRE COLAFULMINI

REDATTORE-CAPO DEL « CORRIERE DI LONZA ».

Bollente cinquantacinquenne, oriundo del già Regno delle due Sicilie.

Aitante della persona, aspetto militaresco, colorito oliva

stro; capelli, baffi, fedine e mosca, tutto d'un bel colore morato chimicamente indelebile.

Radico-riformista, mostro d'eloquenza, penna rotta a tutte le schermaglie.

Da trent'anni è « sulla breccia». Ha avuto duelli, processi, assoluzioni, apoteosi.

Oltre alla costante difesa dei puri ideali laico-democratici, ha sostenuto memorabili campagne «d' indole strettamente locale », come quella per la marca d'origine sui vini della regione e l'altra non meno celebre contro la votatura a mano dei pozzi neri.

A Lonza è re. Nessuna amministrazione comunale può reggersi neppure un minuto secondo se non s'appoggia al « suo foglio ».

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Quando ingaggia» una polemica con qualcuno, l'avver sario ricorre inutilmente ai più rinomati astringenti.

L'elezioni le fa lui; la pioggia e il bel tempo, a Lonza, li fa lui.

Tutti cercano prudentemente di non rimaner fulminati dall'elettrificato pennino del cav. Colafulmini.

La sua giornata laboriosissima non gli lascia un minuto di respiro; ora è mandato a chiamare dal prefetto, ora va a trovarlo « in redazione» il comandante in capo dei vigili urbani, ora ha bisogno « di certi schiarimenti » dal Primo Presidente del Tribunale, ora « deve portarsi », come cronista mondano, al ricevimento, seguito da thè danzante, presso l' intellettuale signora del R. Provveditore.

Nel giornale, naturalmente, fa tutto lui. Con una versatilità ed una « verve » davvero indiavolate, può passare dalParticolo di fondo al « soffietto», dalla «stroncatura» agli « asterischi », dalla critica teatrale alla politica estera o dai consigli dell' agronomo» per la coitura intensiva del mellone, alla campagna contro la minaccia di nuove mene confessionaliste che potessero eventualmente riaffacciarsi nel gerontocomio locale. Tutte le personalità italiane e straniere più in vista, capitate a Lonza, banno varcato la soglia di Don Naborre o sono state, per lo meno, intervistate da lui.

Il suo studio è come un piccolo museo di preziosi cimeli (alcuni dei quali bizzarrissimi) di celebrità vive e morte.

Egli racconta (per esempio) d'aver potuto ottenere da una signora, celeberrima nel mondo letterario e con la quale ha avuto per qualche tempo dei rapporti di natura piuttosto intima, una quartina autografa di Lorenzo Stecchetti, d'un erotismo talmente cantaridato che lo stesso iddio degli orti non potrebbe udirla senza velarsi replicatamente, per pudore, dalla testa ai piedi.

Possiede inoltre un fioretto ch'egli afferma essere appartenuto a Cavallotti e dal quale si vede pendere un cartellino con questa scritta: « Donatomi da Felice, durante la storica campagna contro Verre ».

Talvolta, dopo aver mostrato a qualche ospite una gran quantità di ricordi letterari e giornalistici, uno più importante dell'altro, esclama: Ed ora (dulcis in fundo) eccovi preparate due sorprese ghiottissime :

Vedete: questo (premette con tono solenne, aprendo un misterioso scatolino) questo è pelo; pelo autentico di Giosuè Carducci; vale a dire tre riccioli fieramente ribelli della sua barba girondina, già donatimi, nel 98, da un parrucchiere del luogo, non appena il Poeta di Satana (qui di passaggio) si fu fatto diminuire l'onor del mento.

E quest'altro oggettino (lo tira fuori con religione da un astuccio) questo non so che» rilegato in oro, che forse non riuscite a decifrare..., ebbene : questo è una ritagliatura d'unghia dell'alluce destro dell' immortale filosofo del libero pensiero Giovanni Bovio.

E se l'ospite si meraviglia, Naborre chiosa: « Strano? Non credo. Anche la religione della libertà ha le sue reliquie. La superstizione ha le sue e la libertà le sue; ed io ritengo che fra il preteso sangue d'un ipotetico San Gennaro e un pelo autentico del Leone Maremmano o un frammento d' unghia, non meno autentico, del Pensatore Partenopeo, per una persona dei nostri tempi, non debba esser dubbia la scelta!

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