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Nella terza età. Gradi 17 a 18 circa.

Nella quarta età. Gradi 16 a 17 circa. Nella quinta età, primo periodo, gradi 16 a 16 e mezzo circa.

Nella quinta età, secondo periodo, gradi 16 e mezzo a 17 e mezzo circa.

Sembra per esperienza che questi differenti temperature siano le più confacenti al buon governo dei bachi e ad ottener finissima seta, poco più o poco meno non è però di gran peso. Nel Libro del Governo dei bachi si è anzi mostrato che essendosi anche variate di alcuni gradi le indicate temperature, e ciò a cagione dell' andamento turbato della stagione, non n'è venuto mai alcun danno.

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Può però accadere nella quarta e quinta età che la temperatura atmosferica sia molto più alta dell' assegnata, e tale da non poter impedirsi, che quella pure interna delle bigattiere non cresca di alcuni gradi. Nè anche in questo caso v'è alcuna cosa da temere. Sarebbe soltanto dannosissimo il tener tutto chiuso per impedire che la bigattiera non si riscaldasse. Allora si arrischierebbe di couvertirla in un sepolcro.. Entri pure l'aria calda liberamente, e si abbia soltanto cura di tener chiuso da quella parte ove vibra i suoi raggi il sole, e si mettano in comunicazione tutte le arie esterne per mezzo degli sfogatoj, de' cammini, delle finestre e delle porte. Niente v'è mai a temere quando l'aria può circolare. E quand' anche vi fosse ristagno assoluto nel movimento dell' aria esterna, le fiammate

nei cammini, ove si abbrucieranno ricci, paglia, o cose leggerissime, ecciteranno tosto un movimento sforzato di aria in tutte le colonne circostanti, e a dispetto del ristaguo generale si avrà interna ventilazione.

Se il caldo e il ristagno dell' aria accompagnati fossero da umidità atmosferica, e si temesse che i letti potessero fermentare, si tolgano essi tosto, quantunque fosse più presto di quello che il Giornale assegnerà. Allora più non esisterà pericolo alcuno. E' cosa chiarà per tutti, che quando meno letto si trova sui graticci tanto meno umidità e aria mofetica si svolgono entro la bigattiera. E siccome è pur di fatto che la calda temperatura eccita maggior appetito ne' bachi, così allora può giovare il guadagnar tempo, e non istare alle indicazioni che si daranno in appresso relativamente ai pasti, e quindi giovar potrebbe il dar a mangiare a bachi tosto che non si veggono su graticci che le sole costole della foglia e null'altro buono a mangiare. Nessun male però accaderà, oltre la perdita di tempo, se anche in quel caso si vorrà stare all'incirca al numero dei pasti e alla quantità della foglia che ad essi si assegna. Ne verrà solo che il baco sopporterà colla calda temperatura un po' più di appettito che se la temperatura fosse men calda, o quale si è già assegnata.

E' di fatto che nel corso del maggior caldo a 20 in 22 gradi, per esempio, il baco mangia in meno tempo una maggior quantità di foglia; che le sue operazioni tulte si accelera

no; e che la di lui vita più presto si estingue di quello che accaduto sarebbe ad una temperatura alcuni gradi più bassa.

S. 4.

Quarta Indicazione relativa ai gradi dell' Igrometro

o dell' umidità.

IGROMETRO.

Va certamente riguardato come prezioso quell' istrumento che nell' esercizio di quest'arte dimostra lo stato di umidità interna la quale senza venir indicata da esso potrebbe, non avvedendocene noi, accumularsi, fiaccare e spossare il baco, o promuovere una interna rapida fermentazione nel letto da guidar morte in un nomento covate intere di bachi. L'esperienza dimostra che fin a tanto che I' Igrometro non inarca oltre i 65 gradi di umidità nulla v'è a temere.

Tutte le volte adunque che l'Igrometro marca 70 gradi circa di umidità, quantunque non occorresse nè alzar la temperatura interna, nè promuovere ventilazione interna perchè essa già sussistesse, convien far delle corte e frequenti fiammate ne' cammini con cose leggerissime, ricci, paglia e simili.

Quando l'aria, anche alquanto umida, corre entro la bigattiera per uscire da alcuni sfogatoj, e verso i cammini che ardono, tosto segue un qualche asciugamento interno che sommamente solleva il bigatto, e si mostra all' Igrometro.

Se il bigatto respirasse per la bocca, alzando esso la testa potrebbe non respirare l'aria alterata e mofetica che sempre è a canto ad esso, e si svolge dal letto su cui giace: ma respirando esso non per la bocca, ma per diciotto organi che sono vicini a' suoi piedi, e che per conseguenza sono quasi a contatto immediato del letame e dell'aria mofetica che se ne svolge, sente con più forza i danni sommi di quelle emanazioni, le quali crescono in proporzione che quel letame è umido. Lo stesso accaderebbe all' uomo che respira per la bocca se dovesse stare costantemente colla boeca vicina, o rivolta verso sostanze fermentanti, dalle quali non uscisse che aria guasta e mofetica (1).

§. 5.

Quinta indicazione relativa alla luce

delle Bigattiere.

LUCE.

L'esperienza dimostra, che è tanto utile al buon governo della bigattiera e alla sanità del baco la luce, quanto sono dannose all' una e all' altro le tenebre.

Per luce non s'intende già che il raggio

(1) Si sarebbe potuto qui parlare, a proposito dell' umidità, dell' influenza che talvolta esercita il fluido elettrico entro le bigattiere in alcune costituzioni umide o secche dell' atmosfera. Si è creduto opportuno di lasciare di vista quest' oggetto finchè l'arte si sia generalmente migliorata.

solare colpisca il bigatto, ma che la bigattiera sia sempre chiara quanto si terrebbe una stanZa abitabile in famiglia. Giova quindi che qualora i raggi solari entrano da un canto della bigattiera, a quella parte si chiudano le imposte, si perchè non entri più quella luce, come affinchè non si riscaldi la bigattiera. Il chiudere bene in quel caso e da quella parte tutte le imposte è un mezzo efficace per conservare non solo il fresco interno, ma mediante gli sfogatoj una certa dolce ventilazione, che procede appunto dalla differenza delle temperature nei differenti punti della bigattiera.

Nella notte ognuno può rischiarare come meglio crede la bigattiera. Conviene astenersi dall'impiegare olj puzzolenti, e dal far molto fumo illuminando.

Mi par dimostrato che il bigatto ami la luce per istinto.

In quella parte de' graticci ove più è diretta la luce ch'entra per le finestre, ivi il baco va più volentieri spezialmente quando è vicino alle mute. Nè si può dire che vada là credendo di fuggire da essa, perchè ove le sponde delle tavole fanno costantemente ombra maggiore, ivi il bigatto non va a fissarsi contro la sponda, nè mostra quindi con ciò predilezione per godere di quella maggior ombra. Sembra per sino che il bigatto sia più bello in quella parte della tavola ove è maggiore la luce, e muti anche meglio che su qualunque altra parte del graticcio stesso. Sarebbe una eccezione alla legge della na

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