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Le cose che venni esponendo circa gli aforismi risguardati in medicina dal lato, dirò così, semplicemente scientifico o pratico, non tolgono che aver debbansene in pregio grandissimo alcuni che la medicina possiede sotto il titolo di Aforismi medico-politici cento del Kniss Macoppe, illustre medico padovano, scritti in latino e stati elegantemente tradotti in italiano dal chiarissimo D. Zaccarelli di Cremona, e dal professore Giuseppe Dal Chiappa di Pavia. Mi gioverò delle parole di quest'ultimo per indicare il pregio ed insie me lo scopo di siffatto libro: Quest'opera critica, dic'egli, è pienissima d'instruzione. "Addita ai giovani quale siè la via per emer »gere a fortuna nell' esercizio della medici"na; insegna quali esser devono i costumi » de' quali adornare vuolsi l'animo e l'inge gno del giovane medico. E, cominciando dalla religione, cui egli sommamente incul »ca, passa alle virtù sociali, ai riguardi pei colleghi, alla diligenza nell' assistere agl'in fermi, alla pietà, aflabilità, generosità d'ani» mo, agli studii da farsi, alle conoscenze da aversi, ed a cento altre norme ond' essere caro ai malati, stimato e riputato da tutti. Di tempo in tempo dà precetti di pratica altamente pregevoli, e che sono il segreto più certo per acquistarsi fama e lode di pratico felice. Per tutto il corso poi di que sti cento aforismi si porge instruzioni di medica politica, saggia, accorta, lodevole e sempre entro i confini della più austera morafe. n Cosi tutti i giovani medici, a fine di emergere a fortuna, si stringessero a seguire le norme indicate dal savio e giovia le medico padovano! Così altri invece non ne seguissero altre, che questi avrebbe, senza dubbio, disdegnato di ridurre ad aforismi!

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D. ASSON.

AFRANCESADOS, Davasi questo nome in Ispagna a coloro che nel 1808 adottarono la costituzione di Baionna, e parteggiaro no per Giuseppe Buonaparte, per cui furono pur chiamati Josephinos. Dopo che Fer dinando VII venne ristabilito sul trono dei suoi maggiori, furono quasi tutti esiliati, del pari che i Liberales, o sia i partigiani delle antiche Cortes. Il decreto 30 maggio 1814 proibi sotto severe comminatorie ai fuorusci ti afrancesados di rientrare in Ispagna; e solo nei successivi rivolgimenti poterono ri patriare. Al giorno d'oggi tale denominazione è andata quasi intieramente in di

suso.

AFRANIA. Sappiamo da Valerio Massi mo che questo fu il nome di una donna romana moglie del senatore Licio Buccione, la quale, dimentica della modestia convenien te al suo sesso, trattava da se medesima, e può ben credersi con quanta intemperanza,

le proprie cause in giudizio. Ma non è questo che meriti menzione: bensì potrebbe non essere disutile a chi è vago di erudizio ne il sapere che dal nome di costei furono appellate afranie presso i Romani le feminine troppo ardite e sfrontate che con importuni schiamazzi dan noia a' pubblici uffi ciali.

AFRANIO (LUCIO). Vossio e dopo lui molti altri fanno questo poeta primo creato. re della commedia togata presso i Romani, cioè di quella che, a distinzione della pal liata, rappresentava personaggi nazionali, costumi contemporanei (V. COMMEDIA). Ma Quintiliano dice soltanto che Afranio togatis excellit; nè Cicerone, Svetonio ed Orazio, di lui parlando, gli attribuiscono il carattere d'inventore. Approfonderemo la quistione trattando la storia della commedia latina; qui diremo soltanto che il merito d' Afranio rimarrà sempre distinto da quello degli altri comici del suo tempo, attesa la somma cura da lui posta nel ritrarre la vita pubblica e privata de'Romani. Così non fossero perite le numerose sue opere! Pochi frammenti ce ne rimangono, scintillanti di brio e di gaiezza, talche bastano a confermare le lodi di Quintiliano e quelle di Cicerone e d'Orazio, il quale disse che la toga di lui si sarebbe aggiustata a Menandro: e pure Afranio imi tava Terenzio e lo stimava incomparabile. Non diamo gran peso alla severa taccia d'inonestà da Quintiliano appostagli; perchè pur troppo è vizio comune a quasi tutti gli scrit tori antichi del suo genere. Ponsi questo comi co nel secondo secolo innanzi l'era cristia. Un Lucio Afranio Nepote, generale romano, ebbe, secondo alcuni, il vanto di battere Cesare. Il vero è questo: Afranio, creatura di Pompeo, che lo avea fatto creare console nel 694 di Roma, trovavasi, quattordi ci anni dopo, nella Spagna ulteriore in qua. lità di luogotenente d'esso Pompeo, con Petrejo, allora quando entrò Cesare in quel paese. I due generali uniti aspettarono Cesare in una posizione vantaggiosa presso Ilerda, oggi Lerida: al primo scontro rimasero superiori, e due giorni dopo il grand'uomo fu, non da loro, ma dall'improvviso straripamento di due fiumi, tra i quali era il suo campo, quasi bloccato. È vero che lo stimarono perduto, e che, per notizie troppo sollecitamente mandatene a Roma, già la moglie d'Afranio riceveva congratulazioni della supposta vittoria di suo marito. Senonchè intanto Cesare costringeva i due luogotenenti di Pompeo a sottomettersi senza combattere, e con promessa di non portare le armi contro il vincitore. Afranio mancò poi alla promessa, e della perfidia venne punito: Sizio, luogotenente di Cesare, lo fece prigioniero dopo la giornata di Farsaglia, e aveva in animo di salvargli la vita; ma i suoi

na.

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AFRICA. Sorte dall' antico spartimento delle terre e dell' acque alla superficie del nostro globo, tre isole immense che noi voglia mo pomposamente intitolare mondi, emergo no dal seno d' un oceano più immenso ancora. Abitatori d'uno di questi mondi terrestri, abbiamo chiamato nuovo quello che non ha guari venne a rivelare alla nostra ignoranza una scoperta famosa, ed al quale altre scoperte aggiunsero poscia un mondo marittimo. Ed in questo mondo antico, ch'è il nostro, certe separazioni, operate da mari interni tra le piagge occupate dalle nazioni incivilite delle quali raccolto noi abbiamo il retaggio, diedero un tempo origine ad una distribuzione del le terre allora conosciute in tre grandi divi sioni continentali, che a' di nostri portano i nomi d' Africa, Europa ed Asia. Il nome d'Africa, senza dubbio d'origine nativa, fu probabilmente per la prima volta introdotto in Europa dai Romani, i quali diedero tale appellazione ad una delle loro africane province, a quella che comprendeva la città di Cartagine. Africa fu quindi propriamente il nome d'un limitato distretto, stato poscia este so alla totalità di quel vasto continente: la stessa cosa accadde costantemente ne' tempi moderni, che il nome d'un sito remoto, d'una tribù, si vide magnificato a significare una contrada od una nazione. Ma il nome reale di questo continente, e ne' Greci scrittori e nei Romani, è quello di Libia. · Gli Ebrei, che non avevano veduto se non l'Egitto, non nominano ne' loro libri sacri se non che questo e le sue dipendenze. I Cananei di Tiro e di Sidone, istessamente de' loro fratelli di Cartagine, padroni del traffico del Mediterraneo e del mar Rosso, dovettero avere intorno al l'Africa cognizioni molto più estese; ma ei non le divulgavano a' popoli stranieri; nè di essi rimane che la memoria d' un'impresa di circumnavigazione compiuta da certi navigatori fenicii, e la relazione d' un viaggio marittimo impreso dal cartaginese Annone per andare a fondar colonie sulle coste orientali: impresa e viaggio di cui parle remo in appresso. - Erodoto, il più antico autor greco rimasto che ci abbia tras

messo

qualche notizia intorno all' Africa, diè pruova della sua limitata cognizione di essa con la semplicissima divisione che fa de' suoi Encicl. Vol. I.

abitanti Asserisce poi egli che l'Africa è cir condata dall'acqua, tranne un picciol tratto ora detto istmo di Suez; ed una ragione di questa sua credenza era apparentemente la storia appunto della circumnavigazione di es. sa, eseguita da'Fenicii nel regno del faraone Neco, re d'Egitto. Ma i suoi contemporanei non credevano a questo viaggio de' Fenicii; nè cotale incredulità s'è peranche totalmente sradicata dall' animo di certi dotti moderni. Suona però ingratamente che l'Europa occidentale, appena uscita senza tradizioni dalle tenebre secolari in cui trovaronia immersa la civiltà greca e la romana, si prevalga della sua lunga infanzia per tacciare di mendacio le nar. razioni che il vecchio Egitto trasmetteva alla giovane Grecia intorno ad una spedizione che il genio di Tiro aveva da gran tempo mandata ad effetto. Per una mente culta, questa navigazione intorno all' Africa è un fatto incontrastabile; ed il passaggio dell'equatore rimane scevro da ogni dubbio per questa circostanza si vera, ma che nella sua ingenua ignoranza Erodoto accoglieva senza prestarvi fede, che il sole trovavasi alla destra dei navigatori. Se non che v' ha un altro antico viaggio ancora meglio autenticato, quello citato di sopra del cartaginese Annone, di cui più non conosciamo che le prime esplorazioni, ed il quale aveva, al dire di Plinio, superato l'Oceano da Gade sino a' confini dell' Arabia e lasciato una relazione scritta di questa peregrinazione. Istessamente affermava Celio Antipatro d'aver conosciuto un mercante il quale, in una spedizione commerciale partita di Spagna, avea toccato all' Etiopia; ed Eraclide di Ponto raccontava, ma senza pruove, che dall' oriente era venuto per la medesima via un mago a trovare Gelone di Siracusa. Da un altro canto, Eudossio di Cizico aveva, al riferire di Possidonio, trovato sulla costa orien tale e riportato in Egitto gli avanzi d'un na viglio gaditano; e Plinio assicura che sotto Augusto riconobbersi pure nel golfo Arabico vestigia di navi spagnuole quivi perite. Che più? Eudossio stesso, senza lasciarsi sconfor tare da un primo naufragio, sarebbe in novella navigazione pervenuto ad effettuare il giro intiero dell' Africa; almeno Possidonio n'era persuaso, e Cornelio Nipote affermava che al suo proprio tempo Eudossio avea condotto a felice fine l'impresa per tanto tempo e così ostinatamente seguitata dall' intrepido navigatore. Certo tutte queste relazioni non meritano uguale fiducia; ma altamente depongono in favore delle tradizioni secondo le quali sta ta era doppiata la punta australe dell' Africa. Invano suppongousi gli antichi irremovibil mente convinti che il continente terminasse a settentrione dell'equatore: Plinio conosce due zone temperate, e Lucano, a Plinio anteriore, menziona i Libii che vedeausi la propria ombra distesa all' ostro. In mezzo adunque alle 42

favole dei credulo Mela, è duopo riconoscere ben meno un'ipotesi immaginaria che non una vaga e confusa nozione dei peripli autichi. Quando i Greci ebbero fermato stanza in Egitto, sotto Tolomeo, figlio di Lago, uno de' capitani d'Alessandro, incominciaro no necessariamente ad essere meglio informa ti del mar Rosso e del corso del Nilo; e da quest' epoca possiamo contare l'estensione di quel commercio con l'India pel quale veniva no più generalmente diffusi pel mondo occidentale i prodotti della grande penisola asiatica e del Ceilan. Codesto traffico sussisteva in gran vigore sotto i romani imperatori, e nel l'opera di Cosma ne abbiamo una pruova fi no al sesto secolo. Però l'origine del commercio tra la penisola Indiana, l' Arabia e l' Afri. ca orientale appartiene ad un periodo di tem. po anteriore ad ogni storia: commercio che probabilmente non fu mai interrotto del tutto in qualsiasi epoca dal suo cominciamento in poi. Uno de' più curiosi documenti, rispetto all'antica navigazione sulla costa orientale dell' Africa, contiensi nel Periplo del mare Eritreo, che corre sotto il nome d'Arriano. Quest'opera, che fu probabilmente compilata da varii registri nautici e da giornali, può assegnarsi a circa il tempo di Plinio il Vecchio, o forse a tempo più antico. Il Periplo contiene molte preziose notizie intorno al mar Ros so, ed eziandio una descrizione delle coste di Arabia, di Persia, della costa occidentale dell'India e della orientale dell'Africa, il cui punto estremo ad ostro quivi menzionato è Rhapta, che credesi identica con Quiloa. Dalle ta vole di Tolomeo, geografo greco, apparisce conosciuta la costa occidentale, probabilmente per le navigazioni dei Cartaginesi e de'Romani, sino all' 11° boreale dalla linea. È una curiosa quistione se i geografi antichi avessero cognizione dei paesi ad ostro del Gran Deserto e della parte superiore del fiume Quor. ra, comunemente appellato il Niger. Narra Erodoto una storia, che udì da taluni di Cirene, di certi giovani Nasamoni, tribù vicina al golfo presente di Sidra, che, varcato il deserto verso occidente, vennero ad un gran fiume che corre verso il levar del sole, e alimenta molti coccodrilli, con uomini negri che vivo no sulle sue sponde. Torna difficilissimo il prestare implicita fede a tutte le circostanze di questa narrazione; eppure merita gran rispetto perchè vi sono fatti reali che alla descrizione corrispondono. La natura del racconto è però tale da render impossibile il dimostrare soddisfacentemente o la verità o la falsità di si vetusta scoperta. Ma altre conside razioni vi sono che non bisogna omettere nel formare un' opinione quanto alla conoscenza che gli antichi avessero dell' Africa centrale. Greda chi può che la potente Cartagine, la quale tanti elefanti menava in guerra e conduceva un si esteso commercio, ignorasse del

tutto i paesi a mezzodi del Gran Deserto. L'elefante, non abbiamo ragione per credere che fosse mai abitatore delle regioni dell'Atlau te, tranne in quanto fu addomesticato tra i Cartaginesi, e quindi esser deve stato portato a Cartagine dall' Africa centrale; mentre gli articoli di traffico che l'interno presentemen. te somministra alla costa di Tripoli, erano merci delle quali i Cartaginesi solevano nego. ziare, come schiavi, avorio, oro, ecc. Quanto all' obbiezione sorta contro questo parere in torno all' elefante dall' asserzione di Plinio che fu l'animale trovato in Mauritania, bene ora sappiamo valutare la testimonianza di esso scrittore in simili punti; risulta infatti di poco valore, anche quantunque sostenuta da Strabone e dal Periplo di Annone. Seleuco Nicatore tenne una mandria di cinquecento elefanti ad Apamea, ed ebbe a trasferirveli da maggiore distanza dei Cartaginesi, se questi se li procuravano dall' Africa centrale. Ed i Cartaginesi stessi avevano vaste stalle di ele fanti nelle vicinanze della città. Quando i Romani si fecero signori dell' Africa setten. trionale, era da aspettarsi di trovarli intenti, secondo la solita foro politica, ad ampliare l'impero loro o la loro influenza ad ostro; ed infatti abbiamo in Plinio una distinta relazione di Svetonio Paullino che, superate le grandi montagne dell' Atlante, procedette alquanto innanzi a mezzodì; ed in Tolomeo troviamo la notizia d'un ufficiale romano, Materno, che parti dalle vicinanze di Tripo li e procedette in direzione meridionale per ben quattro mesi di cammino. Questa via deve averlo portato nella latitudine di Timboctù e nelle vicinanze del Ciad; e se vera sia la storia, quel gran fiume ora comunemen. te chiamato Niger, può essere stato in tal guisa conosciuto dai Romani. Esaminando le tavole di Tolomeo, nelle quali sono segnati i luoghi secondo latitudine e longitudine, non troviamo ragione per dubitare della loro gene rale accuratezza lunghesso la costa occidentale fino ad 11° di latit. settentrionale. Ei diede altresì la posizione d'un numero di siti dell'interno, sopra un fiume che appella Nigir; e la direzione così assegnata al fiume, si approssimerà quanto mai possiamo aspettarci al vero, anche se sapessimo le tavole di Tolomeo costruite sopra l'osservazione reale, qual era praticabile a quel tempo. Il colonnello Leake, della Società Reale Geografica di Londra, tiene per l'opinione che il Joliba di Park, comani ed a Tolomeo che le sue tavole costrui munemente detto il Niger, fosse noto ai Rosopra tutti i materiali che gli erano accessibili nella ricca città trafficante di Alessandria in cui vivea. Le isole Fortunate, ora Canarie, erano note a Tolomeo, ed ei segna da esse, o da qualche punto di esse, tutte le sue distanze orientali, ossia le longitudini; poichè non apparisce che abbia conosciuto niente di

accurato riguardo alla posizione relativa delle dette isole. E siccome i viaggi costigiani ave. vano considerabilmente esteso la cognizione della costa orientale, senza tuttavia mostrare un termine della terra, Tolomeo conchiuse che le parti australi dell' Africa congiungevansi alle parti orientali dell' Asia, e così convertiva l'oceano Indiano in un mare mediterraneo. Gli scrittori greci e romani fanno menzione dei seguenti notabili animali africani de' quali erano informati: il coc codrillo e l'ippopotamo, entrambi nel Nilo e ne' fiumi dell'Africa occidentale; la giraffa o camelopardo ; l'elefante; il rinoceronte bicor. nuto. Ad eccezione dell' ippopotamo, tutti questi animali furono in diverse volte veduti nella capitale, Roma. Non si nomina il cammello come trovato in Africa da veruno scrittore antico, crediamo, tranne Erodoto; e quin di si conchiude che fosse introdotto in quel continente dagli Arabi; opinione che discorreremo trattando della zoologia africana. All' occupazione dell'Egitto fatta dagli Arabi nel secolo settimo dell'era nostra, ed allo spar gersi di questo popolo conquistatore per l'Africa, presto le regioni meridionali del Saara divennero ad essi note e sentirono l'influenza della religione loro e delle loro armi. I Mori solevano da secoli mandare carovane pel de serto al Sudan, come spesso vien chiamata la contrada meridionale del Saara; ed in conseguenza possedevano qualche cognizione di quelle regioni centrali assai tempo prima che fossero da nissun europeo visitate. Così, quando l'esaltazione islamica ebbe portentosamen. te trasformato i predoni istaeliti in nobili guer. rieri, in conquistatori cavallereschi, in appas sionati amanti delle lettere e delle scienze, e lo stabilimento del loro dominio nell'occi. dente venne a ridonare novella vita alla civiltà che spirava soffocata nelle nerborute strette della barbarie, si trovò loro aperto l'interno dell' Africa. Ma non si può dire che i ragguagli degli scrittori arabi molto aggiungessero alle notizie contenute negli scritti de' Greci e dei Romani, se ammettiamo che sia soddisfacente la testimonianza quanto alla conoscenza dagli ultimi posseduta del le regioni ad ostro del Gran Deserto. Eccettuato Leone Africano ed Ibn Batuta, l'ultimo de' quali, nel quattordicesimo secolo, visitò le sponde del Joliba, non apparisce che alcuno degli scrittori maomettani pervenutici fosse personalmente informato del Sudan ; e devono perciò le loro notizie essere state tratte dai mercadanti che accompagna vano le carovane. E valga il vero; di rado odesi l' io del viaggiatore nelle narrazioni che da essi ci sono pervenute; limitansi sempre a dimostrare in modo generale l'estensione al loro tempo data alle cognizioni geografiche, Edrisi, il quale studiava in Cordova e scris se il suo libro in Sicilia, dov'era cortigiano

il

del re Ruggero, circa il 1153, può considerarsi soltanto come un geografo e non come uno scopritore. Era nativo di Ceuta in Africa, ma non mai viaggiò per quei paesi, per quanto sappiamo. Ibn Batuta, vagando per trent'anni in Asia ed in Africa, traversò il Saara da Segelmessa e visitò Sega e Timboctù. La sua opera è molto imperfetta; pure è la prima in cui si faccia menzione di quest'ultima città, divenuta poscia tanto famosa pei tentativi di esplorazione onde fu scopo. Giovanni Leone, arabo di Granata, comunemente conosciuto sotto il nome di Leone Africano, varcò anche egli il Deserto ne' primi anni del sestodecimo secolo, visitando le città in riva del gran fiume che diè origine a tante conghietture. Leo. ne scrisse la sua opera a Roma, nel pontifica. to di Leone X. Secondo alcuni, era già scritta in arabo quand'ei fu fatto prigioniero dai corsari cristiani e presentato a papa Leone, quale il richiese di voltarla in italiano intanto che risedeva a Roma. Benchè le descrizioni dei geografi arabi sieno di sovente vaghe e poco soddisfacenti, pure dimostrano in alcuni punti una cognizione più estesa dell'Afri ca che non ne abbiano lasciato o Greci o Ro. mani; e per verità, le loro notizie sono state alle volte singolarmente confermate dalle indagini de' nostri proprii tempi. Ad esempio, ricorderemo la descrizione data da Ibn-elVardi dei nativi della costa orientale dell'Afri ca, del vendere che fanno i figli come schiavi, del limarsi i denti a punta, e di altre particolarità tuttora in uso presso la gente di quella costa. Intanto che i geografi arabi consegnavano nei loro libri'i lumi per essi raccolti sull'interno del continente africano, i navigatori dell' Europa ne costeggiavano le spiagge. Ma, senza contare quei viaggiatori che isolata. mente si spinsero per una cinquantina d'anni più o meno innanzi per quella via, la sola porzione della costa occidentale dell' Africa che gli Europei conoscessero al principio del secolo decimoquinto era quella tra lo stretto di Gibilterra ed il capo Nam, o Nun, o Non, a 28° 40' di latitudine settentrionale, estensione non molto maggiore di seicento miglia. Da questo punto cominciò quella carriera di scoperte dei Portoghesi per la quale si fece nota al mondo moderno l'intera costa dell' Africa. La storia delle navigazioni portoghesi è stata scritta da varii autori di quel la nazione, le cui relazioni non vanno perfettamente d'accordo in tutti i particolari. Il vero promotore e per lungo tempo direttore di cotali spedizioni fu il principe Enrico, il più giovane figlio di Giovanni I, re di Portogallo. Erasi la curiosità del principe prima destata, circa alle parti non esplorate dell'Africa, dalle relazioni del paese di Guinea e dei regni vicini avute dai Mori. Animato dalla brama d'acquistare ulteriori notizie rispetto a quelle regioni misteriose, prese

sca.

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stanza, nel ventunesimo anno dell'età sua, a Terzanabal, nel golfo di Sagras, non lontano dal capo San Vincenzo, punto del suo nativo paese il più prossimo alla costa del l'Africa, e si preparò a dedicare la rimanen. te sua vita, come infatti fece, alla cura di terminare la circumnavigazione di quel vasto continente. Prima di questo però apparisce che nel 1412 sia stato dal re Giovanni mandato fuori un singolo legno, il quale abbia doppiato il capo Non, quantunque altri di cano che tale impresa non avesse luogo se non nel 1415, quando fu accompagnata da due piccioli navigli spacciati dal principe. I navigatori procedettero innanzi per circa ses santa leghe lungo la costa, che trovarono continuamente piegata verso maestro, quando alla fine giunsero ad un punto che sporge va tanto in mare ed era dai flutti battuto con sì grand' impeto, ch'ei non si ardirono di tentarne il passo e tornarono addietro. Questo formidabile promontorio, poi cono sciuto col nome di Bojador, alla lat. di 26° 20, non sembra che sia stato doppiato prima del 1432 0 1433, o fors' anche 1443, quando, dopo parecchi tentativi, fu finalmente passato da Gilianez. Frattanto era stata accidental mente scoperta, nel 1418, l'isola di Porto Santo, una del gruppo di Madera, da Zarco e Tristano Vaz, sovr essa gittati in una burra Nel 1419, i navigatori medesimi scoprirono la stessa Madera; ma quest' isola era stata lungo tempo innanzi visitata, nel 1341, dal fiorentino Angelino del Tegghia di Corbizzi e dal genovese Nicolò Recco, e probabilmente già trovata prima di loro. In una seconda spedizione, Gilianez si spinse circa trenta leghe oltre quel capo, e nel 1440, Antonio Gonzalez inoltrò fino al capo Bianco, a 10° 47' di latitudine, che però fu doppiato soltanto nel 1443 da Nugno Tristan. Un nu mero d'individui della città di Lagos in Por. togallo formaronsi in compagnia pel prose guimento delle scoperte africane; ed una spedizione, mandata fuori a loro spese nello stes so anno, scopri e prese possesso di due altre isole, denominate Nar e Tider. Nel 1446, Dinis Fernandez veleggiò fino al capo Verde, nella lat. di 14° 48', lungo una costa corrente pressochè ad ostro dal capo Bianco; e l'anno appresso, Lancelloto (o Lanzarotta, come lo chiamano gli scrittori portoghesi) scopri fra questi due capi un gran fiume dai nativi ap pellato Ovedec, ma cui impose il nome di Sanaga; il medesimo che diciamo Senegal. Lancelloto toccò nel suo viaggio anche alle iso. le di Palma e di Gomera, due delle Canarie, gruppo già noto agli antichi e stato scoperto di bel nuovo e preso in possesso dagli Spa gnuoli circa cent' anni prima. Avanzando Nugno Tristan, nel 1447, circa sessanta leghe oltre il capo Verde, presso una costa che allora piegava verso scirocco, scopri il Rio Grande,

navigando sul quale fu assalito dai nativi e mor to, con la maggior parte de'suoi. L'anno succes. sivo, le Azzore, le quali, quantunque giacciauo pressochè ad occidente di Lisbona, Malte-Brun ed altri geografi considerarono come proprio appartenenti all'Africa, furono discoperte da Gonzalo Vello, e circa dodici anni dopo ridette a colonia sotto gli auspicii del principe Enrico, a cui fu per tale oggetto rilasciata una paten te da suo nipote il re Alfonso V. Nel 1449. che altri dicono nel 1460 0 1462, le isole di capo Verde, la più vicina delle quali giace circa 300 miglia ad occidente di quel promontorio, vennero scoperte dal veneziano Cadamosto e dal genovese Antonio di Noli. Il principe Enrico giunse a morte nel 1463, in età di sessantasette anni; ma il zelo per le scoperte africane, che a dispetto del ridicolo e dell'opposizione si a lungo continuati, egli aveva spinto tanto innanzi, divenne allora una passione nazionale, e l'opera di proseguire ciò ch' era stato così bene incominciato, fu assunta dal governo. La costa di Sierra Leo ne, circa 200 miglia ad ostro del Rio Grande, eccola raggiunta nel 1467. L'anno 1469 la navigazione avea avanzato sino alla porzione della Guinea settentrionale chiamata la costa dei Grani, dalla cocciniglia (allora e gran tem, po dopo erroneamente tenuta per un seme vegetale) quivi ottenuta ; e nel corso di quel l'anno Fernando Po scopri l'isola nel seno di Biafra ora conosciuta sotto il nome di lui, ma alla prima appellata Hermosa o Formosa, cioè la Bella. Fernando Gomez allora otten ne dal governo, per ľ annuo canone di 500 zecchini, il monopolio del commercio alla Guinea per cinque anni. obbligandosi ad esplorare in quel periodo di tempo 500 altre leghe della costa. Presto poi furono scoperte l'isola del Principe, quella di San Tommaso vicino alla linea e l'altra di Anno Bon. Nel 1471, Giovanni di Santarem e Pedro di Esca lona proseguirono il cammino sino al capo Santa Caterina, a 2o 50' di lat. meridionale; punto il più lontano cui si giungesse sotto il regno di Alfonso, il quale, morto nel 1481, fu sostituito da suo figlio Giovanni II. Quel medesimo anno il governo fabbricò il castello o forte di San Giorgio di Elmina (della miniera), presso la foce del fiume denominato Oro da Mina, suila Costa d' Oro; e d'allora in poi divenne la capitale degli stabilimenti portaghesi, avendo presto dopo il nuovo re aggiun to agli altri suoi titoli quello di Senhor di Guinè (Signore della Guinea). Dopo ciò fu con novello spirito proseguita la circumnavigazione dell' África. Il profondo golfo di Guinea aveva allora condotto la costa a circa 27, ad oriente del meridiano di capo Verde, nè st trovò che di nuovo piegasse ad occidente. Nel 1484 ebbe luogo il viaggio di Diego Cam. Fatto vela da Elmina, si avanzò egli sino al fiume Congo o Zairo, lo sbocco del quale

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